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Il flauto magico

Regia di Kenneth Branagh vedi scheda film

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La recensione su Il flauto magico

di ROTOTOM
8 stelle

Durante la prima guerra mondiale il giovane Tamino, trasportato magicamente in un luogo oscuro tra sogno ed incubo, riceve l’incarico da Sarastro di salvare Pamina, figlia della Regina della Notte. In suo aiuto accorre Papageno, il custode dei canarini della trincea.

Gioiosa versione liberty dell’opera di W.A.Mozart da parte di un Kenneth Branagh in grandissima forma. Prendere Mozart e scaraventarlo fuori dall’intima sicurezza del teatro d’opera, affondarlo nelle fangose trincee della prima guerra mondiale, scontornarlo a misura di schermo adattandone i tempi alle esigenze cinematografiche e guarnendo il tutto con un immaginario visivo da vaudeville, poteva sembrare un’operazione quantomeno bizzarra. Se non addirittura folle.
Ebbene, l’opera buffa Il flauto magico è una folle gioia per gli occhi, una lunga cavalcata kitsch tra musica e costumi sontuosi portati con brio dagli attori che ne interpretano le arie. Le schermaglie amorose, i frizzanti battibecchi e le raffinatezze linguistiche del librettista autore della trasposizione dal tedesco all’inglese, Stephen Fry, fedelissimo di Branagh, si fondono alla frenesia burlesque della messa in scena, svolazzi di dolly nella realtà del teatro di posa e fondali in computer grafica, atterrando tra scenografie naive dalle architetture bislacche, il tutto giocato sul sovraccumulo visivo in un’esplosione di colori e cacofonia di suoni che mira smaccatamente a sottolineare la natura giocosa della favola. Il risultato di questo restyling d’opera ringiovanito in operetta corale è assolutamente elettrizzante. Gli interpreti stessi, tutti cantanti d’opera sconosciuti al pubblico cinematografico, sembrano divertirsi da morire nella parte degli ingredienti principali di un melting pot grottesco e trans- genere, immersi in un universo visionario che deve molto a Ken Russell e a Terry Gilliam per la cifra stilistica, sospesi in un grottesco paese delle meraviglie dove al posto di Alice sembra agire la folle ed anarchica libertà espressiva di Russ Meyer. To be or not to be? Bene o Male? Luce o Ombra? Tragedia o Commedia? Branagh non rinuncia mai ai dubbi amletici che ne hanno decretato le fortune cinematografiche ma risolve l’annoso dilemma elevando a potenza la dicotomia dei generi, caricando i contrasti e giocando sul loro incontro/ scontro, sulla reazione esplosiva che ne deriva, equilibrandone le fiammate in uno script rigoroso e assolutamente pregno di talento, cultura e capacità interpretative, qualità necessarie per incastonare una sostanza tanto importante in una forma così scintillante.

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