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Classe 1984

Regia di Mark L. Lester vedi scheda film

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La recensione su Classe 1984

di Baliverna
8 stelle

In una scuola canadese un gruppo di teppisti spaccia droga e semina il terrore tra gli studenti. Chi dovrebbe metterli a posto si defila dalle proprie responsabilità, tranne un insegnante. Ma uno da solo è troppo poco. Buona prova di Mark Lester in un film quasi dimenticato.

Ero prevenuto da certi commenti negativi che avevo letto, e dalla loro – come dire – prevedibilità, però il film mi è piaciuto.

La vicenda è estrema, ma è tratta da fatti realmente accaduti; infatti, il tutto presenta comunque le caratteristiche della verosimiglianza. Del resto, storie di teppisti e bande giovanili non erano rare nel cinema di quegli anni: si pensi a “I guerrieri della notte”, o “Nomads”. E tutti sanno che Los Angeles negli anni Ottanta era un inferno di delinquenza; oggi sinceramente non lo so. Evidentemente questi film sono il corrispondente cinematografico di un male sociale reale, presente innanzitutto in Canada e Stati Uniti, e poi diffusosi anche altrove.

Mark Lester ha saputo concretizzare nei ragazzi della banda dei personaggi molto convincenti, che impressionano lo spettatore e sembrano veri (forse anche perché già visti nella vita). Il capobanda, in particolare, è un cocco di mamma, senza padre, molto abile nel manipolarla dandole di sé un'immagine completamente falsa. È infatti pure evidente come anche la madre faccia di tutto per nascondere a se stessa il figlio reale, perché preferisce vedere quello idealizzato, frutto della sua immaginazione. Il suo rifiuto di parlare con il professore va proprio in questo senso.

L'istituzione scolastica, dal canto suo, non fa praticamente nulla per mettere un freno ai ragazzi, ed è quindi corresponsabile della degenerazione di quel gruppetto di teppistelli. Il medico pietoso fa la piaga verminosa, e qui ormai la situazione è praticamente irrecuperabile: il primo che finalmente gli si oppone, deve venire ai loro occhi annientato a tutti i costi. Allo stesso modo, il ragazzo morto e quello ferito (Michael J. Fox ragazzino) sono frutti della pavidità degli adulti e delle istituzioni, più che della mano diretta degli assassini.

Più di qualcuno ha accusato il personaggio del professore di essere un giustiziere esaltato, ma secondo me la questione se abbia fatto bene o male è aperta e difficilmente liquidabile con due parole. Se infatti quei ragazzi non hanno limiti, se sono disposti a tutto pur di fargliela pagare, se le istituzioni, compresa l'inutile polizia, non fanno nulla, che cosa avrebbe dovuto fare? Io una risposta, francamente, non ce l'ho.

Ci sono alcune scene molto violente, ma non sadiche e compiaciute, ed aiutano se mai ad inquadrare meglio i fatti (come lo stupro della moglie incinta) e l'esasperazione del professore.

In generale, secondo me è una pellicola di notevole forza drammatica che apre molti punti interrogativi e una finestra sulla delinquenza giovanile in una società “evoluta” che sempre avuto la pretesa di essere superiore a molte altre. Alle spalle di questo inferno, ci sono le nuove teorie educative diramate da alcuni psicologi statunitensi negli anni precedenti.

Da vedere, con lo stomaco stretto, ma da vedere. In particolare per gli insegnanti.

 

 

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