Regia di Mauro Bolognini vedi scheda film
Lei è una bella signora italiana benestante, lui un inglese intellettuale e sognatore; il loro incontro culmina subito in un accoppiamento sessuale. I due hanno però reazioni diverse: se lei lo vede come un semplice flirt fine a sè stesso (eppure non riesce a staccarsi dal partner), lui idealizza la figura femminile al punto da non poter distinguere i concetti di sesso e amore. Epilogo inevitabilmente drammatico.
Il romanzo di partenza è firmato da Goffredo Parise, traslato in forma di sceneggiatura cinematografica da Ottavio Jemma, Vittorio Schiraldi e Mauro Bolognini; quest'ultimo è uno dei massimi registi nostrani per quanto riguarda l'arte di rappresentare sul grande schermo le pagine dei più celebri scrittori (con una chiara preferenza per gli autori italiani): nello stesso 1969 era in sala anche con Un bellissimo novembre, da Ercole Patti, e l'anno successivo licenzierà il ben noto Metello con protagonista Massimo Ranieri, tratto da Vasco Pratolini. La freddezza stilistica e la netta aderenza alla pagina scritta sono caratteristiche conosciute di Bolognini; la messa in scena è sobria, con una fotografia a colori vivaci (Ennio Guarnieri) che denuncia l'epoca di realizzazione della pellicola, e con una larga prevalenza accordata ai dialoghi sull'azione. I due protagonisti - Laurence Harvey e Sylva Koscina - sono pressochè perennemente in scena e, nella quasi totalità del film, da soli; in ruoli marginali compaiono anche Isa Miranda, Guido Mannari e Gina Sammarco; il cast tecnico si avvale delle prestigiose collaborazioni di Nino Baragli per il montaggio e di Ennio Morricone (va detto: qui meno ispirato del solito) per la colonna sonora. In sostanza: L'assoluto naturale è indubbiamente opera di un certo spessore artistico, ma la cui fruizione è tutt'altro che semplice, complice innanzitutto l'antispettacolarità narrativa. 3,5/10.
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