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Vigilato speciale

Regia di Ulu Grosbard vedi scheda film

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La recensione su Vigilato speciale

di EightAndHalf
8 stelle

Con uno sguardo freddo e distaccato, seppur in grado di far affezionare a un personaggio tutt'altro che positivo, Ulu Grosbard dirige uno splendido dramma sul reinserimento di un carcerato che, scontata la sua pena, entra in una libertà vigilata che gli starà presto stretta. Circondato da un cast con i controfiocchi, a partire da una bella Theresa Russell, un giovane Harry Dean Stanton e una giovanissima Kathy Bates, che incarna la società poco propensa all'accettazione di un uomo che è stato in galera, Dustin Hoffman indossa i panni di un uomo equilibratamente osservato e scrutato dal regista, visualizzato come conseguenza inevitabile di una società chiusa e poco propensa alle nuove possibilità, benché questa stessa società mascheri questo difetto nell'ipocrisia di chi, sadico in maniera quasi criminale, arresta nuovamente il protagonista dopo aver trovato pochi indizi insufficienti a una vera condanna. Come in una vendetta verso il mondo che è anche spirale di sottile follia, Max Dembo decide di rimanere coerente con un passato da criminale, agendo secondo sua volontà e non secondo una predisposizione naturale che lo vedrebbe ladro senz'altra possibilità, ed è qui che Straight Time dimostra la sua grandezza di ottimo esempio di cinema americano anni '70: il protagonista, testardo ma forte come il ritmo spedito dell'intera pellicola, non è né buono né cattivo, e la società, nonostante le limitazioni, non è né buona né cattiva, anche perché è proprio nella società che si incontra per caso una ragazza come Theresa Russell e si riesce grazie a lei ad ottenere un lavoro (purtroppo poco sfruttato/sfruttabile). In uno sguardo armonico raro in un cinema americano allora alla ricerca dello sperimentalismo e privo di qualsiasi generalizzazione, Grosbard scruta in maniera realistica il degrado volontario e autodistruttivo di un uomo che non è mai una vittima e che è così psicologicamente complesso perché ha tutte le potenzialità, sia di essere corretto e intelligente (la prima metà del film) sia di commetere reati in maniera impulsiva e impreparata (seconda metà), come colto da un'istinto criminale a cui liberamente si è lasciato andare. Nelle tante sfumature che contraddistinguono l'indimenticabile Max Dembo si celano tutte le qualità di questo ottimo film tragico e per niente consolatorio, serio nell'offrire uno spaccato poco generoso di un'America straordinariamente piatta e priva di comprensione. E' così che un personaggio talmente negativo come il protagonista, nella furia omicida che a tratti lo coglie, riesce, agli occhi dello spettatore, a salvarsi, facendo sì che il film, straordinariamente attuale e per niente invecchiato, faccia riflettere intorno a un carattere paradossale perché spaventosamente umano. Forse la volontà sperimentatrice del film di Grosbard, in linea con molto del cinema americano a lui contemporaneo, è proprio questa: l'America come realtà contraddittoria in cui è diventato impossibile distinguere bene e male, specie se, in una splendida carrellata all'indietro verso l'alto, dopo aver definito il piano per una rapina, uno dei due rapinatori intona una canzone con la chitarra in mano di fronte a un buon hamburger nella pace di un cortile con piscina.

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