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La spina del diavolo

Regia di Guillermo Del Toro vedi scheda film

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La recensione su La spina del diavolo

di munnyedwards
7 stelle

 

"Che cos’è un fantasma?
Un evento terribile condannato a ripetersi all’infinito
Forse solo un istante di dolore
Qualcosa di morto che sembra ancora vivo
Un sentimento sospeso nel tempo
Come una fotografia sfocata
Come un insetto intrappolato nell’ambra"

 

Guillermo del Toro si è sempre distinto per una sensibilità non comune e per un talento visionario indiscutibile, elementi che definiscono il suo cinema con forza e che risaltano ancor di più nei suoi primi lavori, opere più personali e genuine, ancora lontane dalle ingerenze (spesso nefaste) di Hollywood.

Dopo il quasi sconosciuto Cronos, un piccolo/grande film che nessun amante del fantastico si dovrebbe perdere, arriva il traumatico esordio in terra americana con Mimic, opera dalla lavorazione complessa per anni disconosciuta dallo stesso regista in quanto privato del final-cut (si ringrazia la Miramax, leggi Weinstein).

La spina del diavolo è invece prodotto dai fratelli Almodòvar e dallo stesso del Toro che ritrova una libertà creativa assoluta, un controllo totale dell’elemento filmico e la possibilità di tornare senza compromessi alle sue malinconiche fiabe gotiche.

 

File:La spina del diavolo.png - Wikipedia

 

La storia si svolge in Spagna alla fine degli anni ’30, la guerra civile imperversa in lungo e in largo e per i civili la vita non è facile, come in tutti i conflitti a pagare il prezzo più alto sono i più deboli e gli indifesi, i bambini senza più genitori che finiscono in fatiscenti case di accoglienza.

Orfanotrofi improvvisati come quello gestito dalla rude Carmen (Marisa Paredes) e dal Dott. Caseres (Federico Luppi, già protagonista di Cronos), è proprio qui che arriva il piccolo Carlos (Fernando Tielve), abbandonato dal suo tutore in un luogo che fin dal principio non nasconde il suo alone misterioso e sinistro.

La casa famiglia e i suoi occupanti assumono un ruolo di primaria importanza, il perno sul quale far girare l’intera storia, tutti gli elementi caratteristici del luogo vengono accuratamente delineati e su questi elementi l’abile mano del regista amplifica il suo racconto, la grossa bomba inesplosa nel mezzo del piazzale, la cassaforte che nasconde un tesoro ambito, la cisterna nel buio dello scantinato con le sue ombre e la tragedia che si porta dietro.

E poi c’è naturalmente il fantasma di un bambino morto, che corre veloce nei corridoi del caseggiato sussurrando di verità e vendetta, il “sospiroso” è una presenza fondamentale ma il chiaro intento di Del Toro è quello di fare della sua ghost-story qualcosa di più articolato e profondo.

 

Guillermo del Toro su La Spina del Diavolo: "L'idea iniziale era diversa; la  bomba e l'orfanotrofio hanno significati molto precisi" | Il Cineocchio

La spina del diavolo - Guillermo Del Toro, d'amore e di mostri | Horror  Italia 24

 

Sarebbe riduttivo catalogare La spina del diavolo come semplice film horror, non è nella sensibilità del regista messicano limitarsi al compitino ben svolto ma anonimo, la tematica è senza dubbio classica ma è evidente che si punta ad un maggior spessore narrativo scavando con abilità nel cuore dei personaggi, nelle loro paure, desideri, meschinità e follie.

La voglia di scoprire e di sognare del piccolo Carlos, il suo rapporto a tratti conflittuale con i bambini e gli adulti della casa, il coraggio di fronte alle violenze di Jacinto (Eduardo Noriega), le debolezze di Carmen, l’amore trattenuto di Caseres, ma soprattutto la dirompente violenza di una guerra che non si vede mai e che tuttavia lascia segni profondi nei corpi e nelle anime di tutti i protagonisti.

E così l’autore si muove su due percorsi distinti, quello del fantastico che genera inquietudine ma allo stesso tempo rassicura e quello di una descrizione più realistica, che nel finale ci colpisce con tutta la sua violenza e crudeltà, perché non esiste orrore più grande di quello celato nell’animo umano.

 

La película El espinazo del diablo - el Final de

 

Del Toro è tecnicamente perfetto e il suo è già grande cinema, la fotografia firmata Guillermo Navarro è un valore aggiunto e tutto il cast si distingue in positivo, a cominciare dalla Paredes e da Luppi (entrambi bravissimi) per finire con tutti i bambini e in particolare il piccolo Fernando Tielve.

Nella ormai sostanziosa filmografia del regista messicano sono i film più personali come La spina del diavolo, Cronos e Il labirinto del fauno (per me il suo capolavoro) quelli che preferisco, opere chiaramente più sentite e volute, magiche nella loro purezza fatta di sogni che mutano rapidamente in incubi.

Voto: 7.5

 

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