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Lo spirito più elevato

Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film

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La recensione su Lo spirito più elevato

di sasso67
4 stelle

Forse non è proprio uno scheletro nell'armadio, ma "Lo spirito più elevato", film conosciuto anche con il titolo di "Il più bello", non è di certo una tra le opere migliori di Kurosawa. Anzi. Si tratta in realtà di una pura e semplice operazione di propaganda bellica, nella quale si assiste ad una stucchevole gara di eroismi quotidiani di un gruppo di ragazze collegiali impegnate nella produzione industriale di lenti di precisione destinate all'aviazione del Sol levante. Quando la fabbrica per cui lavorano decide che gli uomini debbono aumentare la produzione del 100% e le donne del 50%, le ragazze si ammutinano protestando per chiedere che la loro quota sia fissata almeno al 70%; una delle ragazze che tutte le sere ha la febbre lo nasconde alla maestra per non essere allontanata dal lavoro; una giovane che si rompe una gamba soffre nel dover tornare alla tranquillità di casa sua mentre le amiche si sacrificano per la patria; la caposquadra Watanabe, poi, dopo una dura giornata di lavoro fa nottata al microscopio per cercare una lente che era entrata in produzione senza essere stata accuratamente controllata, e quando infine riceve da casa la notizia che è morta sua madre, si rifiuta di andare a fare una visita al padre pur di restare a fare il proprio dovere in fabbrica.
Che dire? Kurosawa fa il possibile per attenuare con la propria abilità e sensibilità registiche l'ideologia militarista della committenza, ma non è che ci sia molto da fare. Fra l'altro dà un po' fastidio questo tono ottimistico ostentato dai personaggi mentre, nel 1944, le cose per il Giappone procedevano a rotta di collo verso la catastrofe. Il regista considerò sempre una sua grave colpa l'avere piegato la testa di fronte al regime e quindi questo film come uno dei suoi peggiori. Nonostante questo, per la vita privata di Kurosawa Lo spirito più elevato rappresentò una delle svolte più importanti, poiché Yôko Yaguchi, proprio colei che incarna questo eroico spirito nipponico, diventò la moglie del regista (nel 1945), rinunciando alla carriera d'attrice.

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