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Soy Cuba

Regia di Michail K. Kalatozov vedi scheda film

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La recensione su Soy Cuba

di PompiereFI
8 stelle

Girato nel 1964, quando la guerra fredda è al suo culmine, “Soy Cuba” è stato tacciato come un vero e proprio esempio di propaganda comunista. Il film si avvale della sceneggiatura del poeta russo Eugeni Evtushenko, oltre che della brillante regia di Mikhail Kalatozov, per dimostrare l’inevitabilità della rivoluzione castrista. Il regista georgiano, noto in tutto il mondo con “Quando volano le cicogne” (1957), Palma d’oro a Cannes nel 1958, è accompagnato dai virtuosismi dell’operatore Sergej Urusevskij. Frutto di una collaborazione cubano-sovietica, la pellicola è composta da quattro storie molto povere di dialoghi collocate negli ultimi giorni del regime di Batista.


Girata in spagnolo, doppiata in russo e sottotitolata, successivamente, in inglese, “Soy Cuba” fu bandita dai cinema americani durante la guerra fredda ma fu anche criticata per la rappresentazione che offriva della società cubana e bollata come contro-rivoluzionaria dai cubani stessi. Questo avvenne in parte perché i rapporti tra Fidel Castro e Mosca erano cambiati ma soprattutto perché l’opera di Kalatozov ha sempre ispirato giudizi contrastanti, forse a causa dell’intenso sperimentalismo fotografico e tematico che la caratterizza (sorprendenti le palme “dipinte” da un colore bianco accecante che hanno come sfondo il cielo nero).

Il film è stato riscoperto 30 anni dopo la sua uscita e ha beneficiato del supporto di Martin Scorsese e Francis Ford Coppola che hanno unito i loro sforzi per assicurargli una distribuzione americana.

“Soy Cuba” usa uno stile “rivoluzionario” per raccontare la nascita di una Rivoluzione. E’ un appello vibrante che sorprende per la sua modernità ed efficacia: per tutta la durata della pellicola c’è una capacità nella messa in scena davvero invidiabile con l’utilizzo preminente di una macchina portatile che crea un forte impatto emozionale. Grazie all’impiego di grandangoli e voli piuttosto arditi della mdp (su tutti il piano sequenza del funerale), il regista riesce a dare un senso di vertigine che esprime benissimo lo stato di perenne instabilità politica che affligge Cuba.

Una ricerca artistica che privilegia i primi piani e un uso intenso del montaggio. Fonte di ispirazione per i giovani cineasti alla ricerca di una propria dimensione espressiva, “Soy Cuba” ha riscritto il linguaggio cinematografico con una direzione esemplare e coreografica degli attori i quali, seppur sconosciuti, mantengono un’espressività potente e allo stesso tempo lineare.

Sotto la patina di un glamour e di uno sfarzo esibiti in modo abbastanza sfrontato, attraverso locali notturni e hotel di lusso a uso e consumo dei turisti stranieri, l’arcipelago cubano nasconde una miseria e una disperazione che nemmeno l’amore è in grado di lenire. Ciò che viene rappresentata è la tragedia di una nazione che mendica soldi e compassione, che ha i volti scavati e i corpi smagriti di coloro i quali abitano in catapecchie fatiscenti. Dove lo zucchero ricavato dal duro lavoro nei campi è dolce quanto aspramente bagnato da sudore e lacrime. Dove i nomi non hanno importanza, alla stessa stregua delle proprietà terriere.

Il fuoco nobile che brucia nei campi coltivati di Cuba è lo stesso di quello che arde gli schermi di un drive-in di Guantanamo inneggiante alla propaganda politica di Batista. Non resta, anche per coloro che avanzano ipotesi di scetticismo, che unirsi alla lotta una volta che hanno vissuto sulla loro pelle abusi, maltrattamenti e crimini, difendendo così il diritto alla vita.

Il film ha una tale determinazione, gioia e passione nella sua realizzazione da passare sopra a ogni altra questione politica. La propaganda che c’è nel film, ammesso sempre che ci sia, è di una tale purezza, per via della sua natura espressiva, da farsi perdonare qualsiasi eccesso o sbavatura.

L’intero ultimo film di Soderbergh sul personaggio di Che Guevara, tanto per fare un esempio, non vale 10 minuti di “Soy Cuba”, teso com’è a lasciare spazio a un raziocinio troppo misurato. A volte è necessario, invece, riflettere il momento politico, storico e culturale di un paese uscendo di casa e andando “sul campo” a fare cinema. Nel film russo-cubano non esistono protagonisti ingombranti, traspare solo il paese di cui si raccontano le amare e dolorose vicende.

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