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Solo contro tutti

Regia di Gaspar Noé vedi scheda film

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La recensione su Solo contro tutti

di alan smithee
8 stelle

Esordio al fulmicotone per Gaspar Noé, il regista piu' terrificante e pessimista che si conosca, tre film in quattordici anni, tre inni alla morte violenta e alla risoluzione violenta di una vita senza scampo.
Una voce narrante ci racconta e ci presenta, tramite diapositive che dilaniano velocemente lo schermo, scandite da spari che nulla di buono o tranquillizzante fanno presagire, l primi drammatici cinquant'anni di vita di un uomo francese, dalla difficile esistenza di orfano nei primi anni di vita, sotto i bombardamenti, ad affrontare una vita di asprezze e lavoro sfiancante come aiuto macellaio; uno spiraglio di possibilita' di riscatto lo vede protagonista quando apre con un certo successo una propria macelleria di carne equina, conosce una donna che ingravida senza esitazione, ma che lo abbandona poco dopo lasciandogli la figlia neonata da allevare. L'attivita' commerciale intanto non prosegue come il dovuto, la figlia cresce senza che lui riesca ad affrontare adeguatamente nei suoi confronti le tematiche di un'adolescenza che neanche lui conosce veramente perche' non ha mai potuto vivere appieno. Finisce due anni in galera dopo aver sfregiato un innocente che credeva avesse violentato la figlia; esce di prigione e si unisce ad una grassona titolare di un bar; la induce a cedere l'attivita'  per aprire una nuova macelleria e la mette incinta; a questo punto il film inizia veramente e ci conduce ad una deriva senza fondo, la discesa negli inferi dell'orrore dove il punto piu' basso e' scandito, quasi al termine del film, da un allarmante avverimento che fornisce allo spettatore trenta secondi per abbandonare la visione: al termine del countdown l'uomo disperato cerca di distruggere tutto cio' che al mondo ha ancora una sua traccia: e dunque la figlia disadattata della sua primaunione. Assistiamo con orrore all'ipotesi dell'uccisione con arma da fuoco della povera ragazza, gia' provata psicologicamente; una atroce lenta agonia che il regista sadicamente ci pone in alternativa ad una seconda soluzione che ci illude, ma solo per qualche istante, che questa  alternativa apra uno spiraglio di timido ottimismo. Ma proprio per niente: il protagonista decide di tenere in vita la povera figlia, ma la inizia nel contempo alla sessualita', degenerando un rapporto figlia/genitore che gia' non e' mai stato caratterizzato da nulla di umano ed affettuoso. La vita, sembra dirci Noé in questo, ma pure negli altri suoi due film, non e' altro che un districarsi torbido e tortuoso tra poche squallide alternative che non lasciano trapelare nulla di confortante o rassicurante.
In questo orrore di incesti, feti ridotti ad ammassi sanguinolenti, pistole puntate alla tempia e volti che non riescono a sorridere mai (la glacialita' di Philippe Nahon si appresta a diventare il denominatore comune di tutta l'opera del regista) la belva trova nella carne, rossa, sfaccettata, invitante e pronta ad essere violata, la sola bieca ed effimera soddisfazione in un mondo fatto di periferie fredde, squadrate e degradate dove si puo' al piu' sopravvivere, mai vivere di sentimenti genuini da condividere, o di positivi complici progetti di vita da spartire con chi si ama.

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