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All the Invisible Children

Regia di Mehdi Charef, Emir Kusturica, Spike Lee, Ridley Scott, Stefano Veneruso, John Woo vedi scheda film

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La recensione su All the Invisible Children

di solerosso82
8 stelle

Sette episodi con protagonisti bambini di luoghi lontani. A metà tra la favola (non priva di crudezza, in Woo e Cheref), il sogno (Scott), il dramma "realista" (Lee), la commedia (Kusturica, Veneruso), l'avventura (Lund), l'obbiettivo è uno solo: cogliere la purezza intaccata fanciullesca, in dimensioni socialmente degradate (alcune delle quali al limite della sopravvivenza stessa). Il toccante Tanza **** di Cheref accarezza il nostro cuore, nella brutalità della vita dei bimbi-soldato dell'Africa centrale. Kusturica ci fa sorridere con Blue Gipsy ***, nel suo colorato universo popolato da tacchini, zingari, e bimbi-ladri. Lee sceglie uno stile (neo)realista, per lo straziante Jesus Children Of America ***, con protagonista una ragazzina afroamericana di Brooklyn, alle prese con la tossicodipendenza e il dramma dell'HIV dei suoi genitori. La Lund racconta le (dis)avventure della giornata tipo di Bilu e João ***, piccoli accattoni nelle strade di San Paolo. Segue l'onirico Jonathan **** di Scott: un ritorno alla fanciullezza, per dimenticare l'orrore della guerra. Altro giorno, altra storia: siamo nella periferia di Napoli, il protagonista è il piccolo furfantello Ciro ***, di Veneruso: ammaliante e frenetico, come lo spirito della capitale partenopea. Chiude il magnifico Song Song and Little Cat ***** di Woo: le schegge della bambola di porcellana giungono a traffiggere il nostro cuore, risollevato all'ultimo dal sorriso ricolmo di speranza della piccola orfanella.
Un progetto Unicef-Banca Intesa, prodotto in Italia. Consigliata la versione nelle lingue originali.

Su Maria Grazia Cucinotta

Produttrice esecutivo, breve cameo in Ciro.

Su

Il primo cerca di cogliere il fascino dell'imprevedibilità quotidiana di Napoli, il secondo ci commuove con una storia toccante e delicata.

Su Ridley Scott

Ci cala in una dimensione onirica, tra malinconia e bisogno irrefrenabile di fuga: Blade Runner docet.

Su Spike Lee

Abbastanza fedele al suo stile, anche se in parte riveduto rispetto gli esordi e dai toni più realisti.

Su Emir Kusturica

Apre con un immancabile matrimonio, chiude con il solito tacchino. Un po' ripetitivo.

Su Mehdi Charef

Ritmi lunghi, come gli orizzonti indistinguibili della savana africana, che rallentono nel finale a sorpresa.

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