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Good Night, and Good Luck.

Regia di George Clooney vedi scheda film

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giancarlo visitilli

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La recensione su Good Night, and Good Luck.

di giancarlo visitilli
8 stelle

E’, senza alcun’ombra di dubbio, il film vincitore della 62ma Mostra del Cinema di Venezia, almeno secondo il pubblico. Infatti, presentata come primo film in Concorso alla Mostra, Good Night. And Good Luck, seconda pellicola diretta da George Clooney, ha raccolto subito i consensi anche della critica mondiale.
Il film, voluto da George Clooney in ricordo del padre, conduttore di notiziari per 30 anni, è girato in bianco e nero, per essere fedeli al dovere di cronaca, dato che la sceneggiatura racconta, alla maniera di Welles (Quarto potere) e Pakula (Tutti gli uomini del presidente), della lotta contro la censura e per il diritto all’informazione combattuta dal giornalista televisivo americano Ed Murrow. Il film raccoglie molti spezzoni tratti dal programma “Person toi Person”, trasmesso agli inizi degli anni ‘50 dalla CBS, e presentato dallo stesso Murrow. Il giornalista non commenta solo i fatti di cronaca, ma soprattutto denuncia i soprusi commessi in un America, col terrore dell’invasione comunista.
Clooney come Michael Moore. Meno spietato, e per questo più vicino a Jonathan Demme di The Agronomist. Alla Mostra del Cinema, il suo film e quello della Guzzanti (Viva Zapatero) reclamavano una stessa cosa: la libertà a tutti i costi, nonostante l’inutile fobia del comunismo degli anni Cinquanta e il terrorismo attuale, con la scusa del quale, giorno per giorno, ci stanno privando della nostra libertà.
Straordinaria la caratterizzazione dei personaggi, non per nulla la Coppa Volpi, per la Migliore interpretazione maschile è stata data all’immenso David Strathairn, la cui recitazione classica, ci restituisce l’immagine di questo giornalista perennemente con la sigaretta in mano, che dal piccolo schermo della tv invita i suoi connazionali a riflettere e a pensare con la propria testa: ancora pura utopia nel cosiddetto “civilizzato Occidente”. Ineccepibile la fotografia, a cominciare dall’uso del bianco e del nero che fanno ricordare il bellissimo gioco di chiaro-scuri presenti ne L’ombra del dubbio di Hitchcock, oltre a renderci maggiormente partecipi di un fatto di cronaca documentato. Anche il ritmo veloce, l’uso dei dialoghi assolutamente originali e che trattano argomenti attualissimi, fanno si che, già dal suo secondo film, Clooney cominci a depositare parte del suo lavoro nel grande archivio della storia del cinema, non solo americano (anzi, non proprio, vista la fine che fa fare all’America nel film), ma mondiale.
Stupisce la grazia e il modo di fare cinema di questo grande attore che sa farsi da parte: basti dare un’occhiata alla sola locandina del film per rendersene conto. Di contro a così tanto istrionismo dilagante, George lascia spazio ai suoi attori magnifici e, in un certo modo, cerca anche di smitizzare anche Mr Murrow, colui che, non solo in quei tempi poteva essere considerato un mito, visto il suo modo di fare giornalismo. A tal proposito il film di Clooney (sempre in coppia all’italianissimo Viva Zapatero) saprà dire molto a coloro che hanno fatto fuori in Italia grandi giornalisti come Biagi, Santoro e tanti altri che magari pur non essendo conosciuti hanno sacrificato la loro vita per raccontare la verità. Il giornalismo come martirio, lo si ammette anche nella splendida frase che Murrow dice nel film “Faremo il servizio proprio perché il terrore è in questa stanza”. Si tratta della stanza del potere, del controllo, dove si decide la sorte di chi strumentalizza il giornalismo come puro atto politico.
Bravo Clooney, cento ancora di questi film, che alcuni definiscono impegnati. Va bene, purchè non manchi la frivelozza e la leggerezza del jazz, lo stesso che perdura e scandisce il tempo di Mr Murrow e degli spettatori in sala, riunito con lui. Come dal vivo in una redazione.
Giancarlo Visitilli



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