Regia di Masayuki Ochiai vedi scheda film
Ecco un horror più che soddisfacente. Masayuki Ochiai si inserì tempo fa nell’ondata post-Ringu con il delirante Hypnosis. Con Infection si allontana per fortuna dai territori ormai arcinoti, e gira il miglior ibrido weird ospedaliero dai tempi di The Kingdom. Poco dispendioso, senza trucchi vistosi, ma con un’ottima elaborazione della suspense e della storia, Infection raggranella un discorso sostanzioso sulle responsabilità del lavoro, rivelandosi nel contempo lucida metafora sulle debolezze deontologiche dell’uomo. Abbastanza consapevolmente, Infection è un horror sociale sull’insopportabilità dei doveri anche civili, non per cattiveria né per crudeltà, ma soltanto per fragilità endemica. Altro che L’uomo senza sonno. Infection mette in scena la colpa come organismo vivente e assassino, per la quale non esistono responsabili. Ed è peraltro un circolo senza fine, come dimostra il bel finale. In questo ospedale, dove il materiale sanitario si sta esaurendo, gli apprendisti sono degli incapaci, i medici sono vicini al collasso nervoso e i pazienti aumentano senza controllo, la paura riguarda il proprio statuto identificativo di mestiere. Lavoro, dunque sono. Se non lavoro, sono un morto o un fantasma. Appunto.
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