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Scandalo

Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Scandalo

di yume
6 stelle

Film minore ma c’è una malinconia sottile, appena tratteggiata, quella che nei film di Kurosawa non manca mai, anche quando si scatenano i samurai

locandina

Scandalo (1950): locandina

 

Un pittore e una cantante sono vittime dei paparazzi e del magazine scandalistico Amour che imbastisce uno scoop su una loro presunta tresca (in quegli anni era roba seria e la chiamavano così, c’era da perdere la reputazione!).

I due sporgono denuncia e un legale li difende, ma si vende alla controparte per i famosi trenta denari (“tiene famiglia”, nel senso che ha una figlia poliomielitica che richiede cure)

Il finale sarà edificante.

Chiamiamolo “prove tecniche di trasmissione”. Il 1950 è l’anno di Rashomon, dunque un filmino “minore” è comprensibile.

Parliamo del grande Kurosawa, però, e allora proviamo a guardare se anche in Shubun rintracciamo quel tocco qua e là, e se tutto quello che non funziona può essere bypassato senza troppi compromessi.

C’è una sequenza, al centro del film: Aoye (uno splendido Mifune, qui appena trentenne) e Hiruta (Takashi Shimura, dopo due anni, in Vivere, sarà grande, ma qui esagera).

Sera di Natale, alticci dopo gran bevute alla festa, dove tutti sono molto, molto malinconici e cantano, cantano "Old Lang Syne" in formato giapponese (il film va visto sottotitolato, tra l’altro la voce di Mifune ha uno stupendo timbro baritonale ).

Fermi (si fa per dire, sono anzi molto traballanti) davanti ad uno stagno (la situazione sta precipitando, l’avvocato è in preda a sensi di colpa, si sente un verme e lo è, in effetti), il cielo è pieno di stelle che si riflettono nell’acqua torbida.

Le stelle sono cadute in quest’acqua torbida” esclama  Aoye.

Ultima battuta del film: “E’ nata una stella. Di fronte a questo tutta la nostra vicenda non conta nulla”, dice sempre Aoye alla stampa dopo il processo.

D’accordo su tutto l’apparato larmoyant del film, ma questi due momenti non suonano a vuoto, c’è una malinconia sottile, appena tratteggiata, quella che nei film di Kurosawa non manca mai, anche quando si scatenano i samurai.

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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