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Il prato

Regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani vedi scheda film

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La recensione su Il prato

di mm40
4 stelle

Girato a due anni di distanza dal riuscito Padre padrone, e con lo stesso protagonista (Saverio Marconi), questo Il prato è uno dei capitoli meno noti - e probabilmente a ragione - dell'intera, folta filmografia dei fratelli Taviani. Accenni di malinconico autobiografismo (nell'ambientazione agrodolce nell'entroterra toscano che i Taviani ben conoscono) si mescolano a uno sguardo disincantato sul crollo ideologico di una generazione - sorprendentemente non quella dei registi, bensì quella successiva: qui la particolarità fondamentale dell'opera, nel non essere stata girata da un Moretti o da un Bellocchio, ma nell'averne le medesime velleità, nello sforzarsi in quella stessa direzione. I poco più di cento minuti del film scorrono inerti verso un finale dolente, ma che a tutti gli effetti non può dirsi in alcun modo risolto, trascinati - è il verbo adatto - da una colonna sonora di un Morricone sotto tono, fors'anche volutamente (l'unica altra collaborazione del Maestro con i fratelli risaleva a due pellicole prima, Allonsanfan del 1974). Anche la resa espressiva di due interpreti di comprovate capacità come il citato Marconi e Isabella Rossellini lascia un po' a desiderare; già più convincente Michele Placido, terzo elemento del triangolo centrale della storia, che però rimane confinato in quello che è il ruolo più insipido, tendente quasi allo stereotipo. La presenza della Rossellini è motivata anche dai richiami al cinema del padre, citato con scarsa eleganza mostrando le immagini del finale di Germania anno zero (sublimi, al termine e al culmine della pellicola di Rossellini sr.; banalizzate, se gettate in pasto al pubblico nel bel mezzo di un altro film). Difficile in ogni modo avvertire il legame fra il neorealismo e questo lavoro dei Taviani, più vicino - come si è notato - a un certo filone politico contemporaneo (e autoreferenziale, a livello contenutistico) che alle lungimiranti opere di tre decadi precedenti e oltre. Curiosamente questa è l'unica sceneggiatura in cui, accanto ai nomi dei registi, compare quello dello scenografo Giovanni (qui Gianni) Sbarra, che comunque anche qui riveste il suo consueto ruolo tecnico. 5,5/10.

Sulla trama

Il giovane pretore Giovanni incontra Eugenia a San Gimignano; trascorre con lei alcuni giorni d'amore, al termine dei quali si riaffaccia in paese il ragazzo di lei, Enzo. Le posizioni ideologiche di estrema sinistra di quest'ultimo e l'indecisione di Eugenia fra i due pretendenti creano un triangolo difficile a risolversi. Ma Giovanni sa che deve ripartire.

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