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Neverland. Un sogno per la vita

Regia di Marc Forster vedi scheda film

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La recensione su Neverland. Un sogno per la vita

di sasso67
4 stelle

Ormai a Hollywood di rado vengono prodotti film davvero brutti. Il più delle volte i lavori meno riusciti consistono in film ben confezionati da quasi tutti i punti di vista, ma che raramente dicono qualcosa di nuovo o originale. In genere, il messaggio di questi film è scontato e sdolcinato, destinato per lo più ai ragazzi, oppure agli adulti che vogliono ancora sentirsi tali. Questa cosa si può dire, a maggior ragione, di una pellicola sull'autore di Peter Pan, che di quest'opera teatrale tira fuori il succo tematico.

Con riguardo a Neverland, si può affermare che i contenuti siano molteplici, fino a rendere plausibile qualsiasi interpretazione, anche un'esegesi cristiana della vicenda proposta. Il nucleo del film, però, è l'invito, che vale per adulti e ragazzi, a guardare alla vita con il filtro della fantasia, a volare alto sulle cose umane per vederle meglio da una certa distanza e con una certa prospettiva, eventualmente a tentare di vederle con gli occhi da bambino.

L'idea più geniale di J.M. Barrie personaggio (ma l'episodio è reale), infatti, è quella di far sedere in teatro, durante la prima rappresentazione del Peter Pan, tanti ragazzini in mezzo agli adulti, in modo che questi ultimi non si vergognassero di ridere, di piangere e di emozionarsi, ossia di tirare fuori il fanciullino che è dentro di loro. E Peter Pan può indubbiamente essere visto come la personificazione del fanciullino pascoliano, magari proiettato verso una dimensione (genericamente) "ulteriore", che è quella di Neverland, l'isola che non c'è.

E sicuramente, se Flaubert affermò che Madame Bovary era lui stesso, J.M. Barrie avrebbe potuto a buon diritto affermare di identificarsi in Peter Pan, come esplicitamente esclama il piccolo Peter Davies alla prima teatrale, quando indica lo scrittore dicendo «Peter Pan è lui!».

Peccato che tutti questi elementi, non nuovi ma pur sempre d'impatto positivo ed educativo, vengano raccontate secondo uno schema fiabesco che non sa prendere le distanze dalla materia teatrale cui si riferisce e che gli autori del film, a forza di edulcorare le situazioni da cui la storia prende le mosse (Sylvia Davies non era vedova quando incontrò Barrie...), finiscano per creare un santino moralistico che alla lunga annoia anche il più paziente dei fanciullini pascoliani.

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