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La febbre del sabato sera

Regia di John Badham vedi scheda film

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La recensione su La febbre del sabato sera

di Serum
7 stelle

 

Tony Manero è un ragazzotto sbandato, figlio di un sottobosco urbano fatto di teppisti attaccabrighe, di rapporti sessuali da gabinetto pubblico e di una facciata di decoro familiare che gronda ipocrisia da tutti i pori. Il tutto come fognatura di una superficie borghese lucente ed altezzosa (ed in verità oppurtunista e spietata) verso cui tentare di emergere ad ogni costo per confondervisi rinnegando il passato. C'è qualche problema di scrittura (il macchiettistico personaggio di Annette, il suicidio del compare liquidato troppo rapidamente, le vicende familiari che non trovano mai un vero compimento se non nell'ottima parentesi del fratello spretato) ma presenta ancora oggi una genuinità ed un'energia tutt'altro che da sottovalutare, creando una sorta di mix sociologico (sicuramente riuscito solo in parte) fra la New York degradata e la Manhattan borghese come microcosmo delle disparità sociali (e quindi dell'illusione del sogno americano). A funzionare di più, curiosamente, è proprio il contrasto fra lo squallore cittadino e la maestosa (per quanto semplice) eleganza delle lunghe sequenze di ballo, in cui il protagonista, così insignificante nella sua quotidianità, sembra rinascere trovando una sua quadratura esistenziale, che forse gli consentirà di accompagnarsi per la prima volta ad una persona con la quale dividere il proprio senso di inadeguatezza. Ritengo doveroso spendere due parole su di una colonna sonora che definire epocale è eufemistico: More Than a Woman (soprattutto nella versione dei Tavares), If I Can't Have You cantata da Yvonne Elliman, Disco Inferno di The Trammps ed il trittico Night Fever, Staying Alive e How Deep Is Your Love dei Bee Gees (autori di quasi tutte le tracce) costituiscono una delle scalette più memorabili della storia del cinema (e della disco music in generale).

 

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