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All'ombra del patibolo

Regia di Nicholas Ray vedi scheda film

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La recensione su All'ombra del patibolo

di luisasalvi
8 stelle

Matt (Cagney), ingiustamente condannato alla prigione per sei anni prima di venire riabilitato, incontra un ragazzo, Davey, cui si affeziona anche perché vede in lui il proprio figlio, di cui non dice molto ma che sembra essere morto per irruenza giovanile e forse per non aver avuto la necessaria educazione da un padre portatogli via ingiustamente; anche la moglie ha abbandonato Matt recluso. Tuttavia proprio le ingiustizie subite ne hanno rafforzato il carattere, gli hanno insegnato a non giudicare e ad attenersi alla legge, anche se questa può essere ingiusta; invece Davey, azzoppato ingiustamente dai suoi concittadini che lo credevano un rapinatore mentre ora sono pronti ad aiutarlo in tutti i modi per rimediare al male fattogli, non accetta la sua situazione e resta ribelle; ma il film ripete in tutti i modi che non è questa la vera causa della sua ribellione, forse proprio per chiarire il pensiero del regista erroneamente interpretato nei film precedenti come denuncia della società colpevole delle violenze di chi ad essa si ribella. Chiarimento inutile, poiché anche questo ed i film successivi continuano ad essere interpretati allo stesso modo. Davey stesso dirà di aver voluto uccidere l'amico Matt appena ha visto la borsa del denaro gettata loro dai ferrovieri che li scambiarono per banditi, quando non era ancora stato ferito ingiustamente né aveva motivi di rabbia, ma solo il desiderio di guadagno facile. Così dopo, continua a tradire o "ribellarsi senza motivo", come dirà il titolo originale del prossimo film di Ray, Gioventù bruciata (Rebel Without a Cause). Certo, è solo, ma non è proposta la solitudine come causa della sua ribellione: forse proprio per correggere le interpretazioni fuorvianti dei film precedenti, Ray ha proposto una figura "naturalmente", o almeno inspiegabilmente, negativa senza motivo, per chiarire che non si tratta di ribellione contro una società ingiusta e che Ray non approva tali ribellioni, ma raccomanda amore verso tutti, anche verso i ribelli ingiusti, come unica soluzione al male del mondo. Perfino qui, dopo innumerevoli prove di slealtà e malignità di Davey, che Matt si ostina a perdonare nella speranza di recuperarlo, proprio quando Matt ha perso ogni speranza e gli dice che ormai non gli fa più prediche perché lo considera irrecuperabile e buono solo a dare esempio ad altri pendendo dalla forca, proprio ora Matt vedendolo estrarre la pistola gli spara e lo uccide, mentre Davey aveva estratto e sparato al compagno ferito che stava per uccidere Matt: a conferma che fino all'ultimo non si può giudicare (salvo il dovere di farlo per la giustizia mondana, secondo le leggi), e forse che le minacce di punizione definitiva ("eterna", pronunciate spesso nei vangeli come parabole contro chi non ha orecchie per intendere) forse sono per certa gente l'argomento più efficace, o l'unico efficace. Il che non significa che Matt abbia fatto male a ucciderlo, pensando di doversene difendere; il film non lo dice né lo suggerisce.

Che poi il film sia "una scoperta parabola antimaccartista" (Mereghetti) credo sia un topos per lodare molti film dell'epoca, purché non rigidamente convenzionali: se fosse tanto scoperta, sarebbe stato censurato; l'invito a non giudicare certamente poteva riguardare anche il maccartismo anticomunista, ma come ogni altro perbenismo di ogni società, e spesso di quella puritana americana (e molto più tipica della provincia che delle città), nei confronti di qualunque diverso o anche solo sconosciuto; qui poi pronta con la stessa disinvoltura ad affidare il compito di sceriffo proprio allo sconosciuto Matt dopo aver riconosciuto il proprio errore, e non so come questo possa essere interpretato in chiave di parabola sul maccartismo.

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