Regia di Gianfranco Parolini vedi scheda film
Siamo già nel tardo Spaghetti-Wester, e parodie e versioni puramente scanzonate del genere, sono ormai alle porte. Eppure Parolini riesce a fare un grande western la cui chiave principale è l’iperrealtà delle scene. La sua è una regia virtuosa fatta di zoommate, stacchi improvvisi, tagli d’immagine, e particolari, che danno al primo film con Sabàta uno stile evidentissimo, ed imitatissimo ancora oggi in Signori registi come Tarantino, Raimi e Rodriguez. Ci sono sparatorie di una plasticità moderna invidiabile; sequenze originali e divertenti; scene e scenografie azzeccatissime.
Sabàta arriva a Dougherty e prende dei rapinatori di banche riconsegnando la refurtiva ai proprietari, che non sono altro che i mandanti del furto. Tra loro capeggia il deciso e dandy Stengel (Franco Ressel, qui nei panni di uno dei cattivi più riusciti di tutti i western nostrani), personaggio eccentrico, che insieme ad un insostituibile e generoso Lee Van Cleef sono il motore del film. Ma la stessa regia di Parolini ne è un punto di forza fondamentale. Di Sergio Leone ha preso l’eccentricità di alcune invenzioni, come appunto la stanza delle armi del fanatico Stengel, oppure il “finto quadro di Van Cleef” quando aspetta i suoi killer, oppure le varie esplosioni...Ecco sono tutti quegli elementi, anche a volte esasperati, che sono alla base dello Spaghetti-Western, che non dimentichiamo è la risposta arrabbiata al paludato panorama cinematografico intellettuale italiano, nonchè dello stesso western americano ampolloso, retorico, moraleggiante e nazionalista (a parte le produzioni nate dai ’70 in sù che hanno fatto la felicità del genere grazie al loro carattere revisionista).
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