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L'uomo del West

Regia di William Wyler vedi scheda film

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La recensione su L'uomo del West

di SamP21
8 stelle

Wyler è stato un regista fondamentale per l’epoca d’oro di Hollywood ed ha affrontato varie volte il Western senza esserne tra i protagonisti per stile e vicinanza ai temi; qui come anche in “La legge del signore” ha come protagonista Cooper. Il coprotagonista del film è il giudice Roy Bean che tornerà varie volte al cinema (interpretato da Paul Newman su tutti in “L’uomo dei sette capestri”) ed è un personaggio di grandissimo interesse: imprenditore, giudice fai da te, sobillatore di folle, pistolero, uomo ossessivo ed ossessionato. Il film ci racconta una traccia di questo personaggio, tanto basta per capirne le problematiche e la pericolosità.

 

Siamo nel Texas, i mandriani si scontrano contro i coloni e contadini, la legge non esiste, si impicca un uomo per un furto. Questo è il mondo descritto e Wyler cerca di mostrarlo senza falsificare, difatti già la prima scena ci mostra uno scontro a fuoco tra le due fazioni, in questo contesto arriva un cavaliere, che non è un eroe, dal nulla, un vagabondo errante (interpretato da Gary Cooper). L’eroe del west come dice il titolo italiano non è un eroe, è anzi sembra anticipare il protagonista di “Per un pugno di dollari” con i suoi sotterfugi per pacificare le due fazioni, lui non lo fa per soldi ma neanche per eroismo, è spinto da vari fattori tra cui l’amore, alla fine, per Jane Ellen.

 

Negli anni’ 30 il Western era diventato un genere a cui guardare, grazie soprattutto all’opera di Ford ma non solo, nel 1939 usciva l’imprescindibile “Ombre rosse”, l’ampiezza delle immagini di Ford, la grandezza compositiva, la cura nelle scene d’azione, la grandezza nel raccontare i personaggi, un manuale del western (e del cinema tutto) in pratica.

 

Wyler, dopo vari western persi nell’ignoto ad inizio carriera, si ritrova per le mani un film dalla forza evidente anche per il duello recitativo tra Cooper e Brennan (che riesce sempre a ritagliarsi momenti di grandissimo valore) anticipa anche l’epocale “Alba fatale” di Wellman raccontando di impiccagioni sommarie e di giustizia fai da te. Mandriani e coloni, sarà uno dei temi fondanti del genere quasi quanto la guerra civile e lo scontro, o meglio l’eccidio degli, con gli Indiani.

 

È interessante notare come il personaggio femminile in questo caso non sia monolitico, stucchevole ed irreale; Jane Ellen è il primo personaggio ad opporsi con la forza delle parole (in quel momento storico forse inutili) alla violenza del “giudice”, la sua arringa in difesa dei contadini è mirabile e anticipa una serie di personaggi femminili che hanno segnato il genere.

 

Il regista e i suoi sceneggiatori danno molto spazio a momenti comici, si pensi alla giuria che si ritira nella sala dove si gioca a carte per bere una bottiglia di whiskey e decidere se impiccare il protagonista, si pensi agli scambi tra i due protagonisti con Cooper che ammicca, finge e scherza col giudice; però oltre alla commedia ci sono momenti di grande forza visiva: quando uno dei mandriani dà fuoco ai campi, la sparatoria finale con anche il saluto, prima di morire, del giudice alla sua amata Lily e poi la scena del teatro che fa presagire un’idea meta cinematografica e infine l’arrivo nel paese, dal nulla, del protagonista è da ricordare.

 

Il film a volte ha un ritmo che sembra cedere forse per la volontà, in sceneggiatura, di voler approfondire più personaggi e tematiche; del resto sappiamo che Cooper fece ingrandire il suo ruolo che viceversa non avrebbe accettato. Il film, pur avvicindosi alla grandezza del grandi autori del genere, è emblematico del “western di Wyler” che ha qualcosa da portare al genere americano per antonomasia, intanto il consueto, sorridente ma anche serio Cooper, che è uno dei caposaldi del genere quasi quanto Wayne e Stewart, qui in grande spolvero per la sua eleganza, forza, per la verve che dà al personaggio lavorando in sottrazione contro i ghigni di un Brennan sugli scudi e sopra le righe, e poi per la serietà e interesse in cui mostra uno scontro (est- ovest) civiltà contro discriminazione e violenza, senza eccessiva retorica eppur con un’idea precisa che sorregge il film.

 

La sceneggiatura non ha dubbi sulla parte da scegliere, è evidente che siano i contadini quelli per cui parteggia, anche se va detto che il protagonista, e noi con lui, prova una forte simpatia per il dittatoriale giudice. Il finale sembra sancire un nuovo ordine nella città con la morte del giudice, ma sappiamo che il cammino del West(-estern) e dell’America non sarà così semplice.

 

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