Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Cupo. Spettrale. Straziante.
Un canto funebre per un’America in lenta disgregazione.
Un canto funebre per le profonde ferite dell’anima, cicatrici dolorose, mai rimarginate.
Un canto funebre per padri disperati, assenti o falliti, per figli strappati via, figli attoniti, figli troppo piccoli per capire, sparare o morire.
Un canto funebre per un gruppo di amici “interrotti” ai bordi di una strada di periferia…
Clint Eastwood, con grande rispetto, misura, passo lento, essenziale e respiro solenne, ammantando tutto di un velo grigio e pesante, celebra l’elaborazione di un lutto, la fine improvvisa di una vita, i cui echi ricordano la fine (metaforica) di un’altra esistenza, quella di un bambino quasi adolescente, quel DA.. della sequenza iniziale (l’immagine del suo nome incompleto nel cemento fresco, eloquente, brutale e triste, è un pugno allo stomaco), privato per sempre della dignità e della sua innocenza nell’antro oscuro dell’orco cattivo.
Immersa nel pessimismo più fatale, l’accorata opera di Eastwood non lascia spazio alla speranza, neanche nel finale: ci sono solo colpevoli, creature deboli o crudeli, non c’è nulla di spirituale o mistico, se non il nome di un fiume, il Mystic, simbolo di divisione e tomba liquida per corpi senza nome.
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