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007. La morte può attendere

Regia di Lee Tamahori vedi scheda film

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La recensione su 007. La morte può attendere

di IlGranCinematografo
3 stelle

Una fiera del kitsch più rozzo che si possa immaginare.

 

La morte può attendere? Di certo non quella del malcapitato spettatore, che scende nella Fossa delle Marianne del ciclo James Bond. Avrebbe dovuto festeggiare i quarant'anni della saga e con essa della EON Productions della famiglia Broccoli, ma la ventesima pellicola di 007 si rivela una fiera del kitsch più rozzo che si possa immaginare, tra effetti digitali da baracca (i ripugnanti titoli di testa; il taglio del ghiaccio islandese da parte di un laser aggiunto malamente al computer; i brutti dinamismi da videogame), una regia grossolana (del neozelandese Lee Tamahori) e scenografie fasulle (l'abominevole palazzo di ghiaccio). La sciatta sceneggiatura (di Neal Purvis e Robert Wade) sparpaglia citazioni a casaccio nel film a mo' di nostalgiche rievocazioni (lo smercio di preziosi da Una cascata di diamanti, Halle Berry che sfoggia un bikini come Ursula Andress in Licenza di uccidere, il paracadute da La spia che mi amava) e crea un cattivo dimenticabilissimo (Toby Stephens, con un tirapiedi che pare uscito da Matrix): ostico incappare in instanti non trash. Pierce Brosnan è borioso al di là del sopportabile, Judi Dench recita in quattro scene totali. Di tutti, si salva solo la carina Rosamund Pike. Quattro anni dopo, la rinascita, con Casino Royale e Daniel Craig.

Inascoltabile Die Another Day di Madonna. Musica(ccia) di David Arnold.

Film MEDIOCRE (3) — Bollino GIALLO

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