Regia di Tom Tykwer vedi scheda film
La frenesia del regista che corre Tom Tykwer ha una battuta d’arresto e si smarrisce davanti a una sceneggiatura di Krzysztof Kieslowski e Krzysztof Piesiewicz. È facile e ovvio (ma è inevitabile) immaginare che cosa questa storia sarebbe diventata, grazie al suo inimitabile sguardo da entomologo dell’anima, se a dirigerla fosse stato lo stesso Kieslowski. Un’insegnante (ha il candore lunare di Cate Blanchett), in una Torino che inquadrata dall’alto sembra una bellissima prigione geometrica, vuole uccidere uno spacciatore responsabile della morte di suo marito e di alcuni suoi studenti. Fabbrica una bomba e nell’attentato muoiono quattro innocenti. Viene arrestata e, durante l’interrogatorio in cui scopre l’esito del suo gesto e ammette la propria colpevolezza, un giovane carabiniere (Giovanni Ribisi) si innamora di lei, l’aiuta a fuggire e insieme, rapati a zero, si nascondono in una Toscana oleografica. Le sospensioni, lo stallo etico, la percezione dolorosa dell’esistenza, l’ansia della libertà, l’impassibilità emotiva, la paura e la tentazione dell’assoluto restano intenzioni in un film recitato roboticamente da Ribisi, con un mix lessicale (italiano e inglese) cacofonico, con un’idea del paesaggio da foto per un catalogo di viaggi, con un’impotenza espressiva che elenca i nodi del testo e non sa scioglierne neanche uno.
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