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Borgo

Regia di Stéphane Demoustier vedi scheda film

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La recensione su Borgo

di alan smithee
7 stelle

Hafsia Herzi, Moussa Mansaly

Borgo (2023): Hafsia Herzi, Moussa Mansaly

CINEMA OLTRECONFINE

"Qui da noi sono i prigionieri che vigilano sulle guardie".

Una donna dallo sguardo malinconico, di nome Melissa, si trasferisce, all'età di 32 anni, in Corsica, accettando la mansione di guardia carceraria esperta, dopo una esperienza pluriennale in altri penitenziari francesi.

Porta con sé un marito che, disoccupato, ha difficoltà ad inserirsi in una società sempre un po' diffidente e chiusa, e con i suoi due figli piccoli della coppia. Il progetto di vita prevede un forte cambiamento per quella famiglia, ma tutto sembra cadere sulle spalle della minuta ma solo apparentemente fragile giovane donna.

In una Corsica lontana dai ritiali.luoghi comuni turistici, ed anzi cupa, ostile e tutt'altro che suggestiva, ove gli abitanti tendono ad isolare i nuovi arrivati e i carcerati ad essere i primi al corrente delle novità e dei malesseri che si creano in quel mal vivere quotidiano, un duplice omicidio a sangue freddo impegna la polizia a trovare tracce che vanno ben oltre la verità dei fatti, facendo emergere comportamenti ben lontani da ogni etichetta professionale, ma improntato su un concetto di umanità ed altruismo che poco si coniugano con le ferree regole in capo alla struttura penitenziaria coinvolta.

Volto dolente e sofferto, bellezza che pare lasciata alla più naturale e sincera spontaneità, Hafsia Herzi, attrice prediletta di Abdellatif Kechiche a partire dall'indimenticato Cous Cous, è nuovamente al centro di un bel film che si presenta come un thriller maturo che vira presto alla drammaticità di esistenze vincolate indissolubilmente alla connivenza tipica di un isola che crea barriere spesso insormontabili oltre quel mare che divide, e la malsana attività che regola indissolubilmente la vita dei carcerati, a cui spesso nulla sfugge, e che molto possono influenzare anche dietro una vita formalmente tra le sbarre. Stéphane Demoustier dirige bene un polar teso e complesso che predilige lo studio interiore dei personaggi all'azione fine a se stessa, ed indaga sui comportamenti e sui sospetti che un anelito di umanità può generare ai danni della ingenua protagonista su una indagine che si trova costretta verso un vicolo cieco. Un'inchiesta di omicidio coperta da omertà dilagante, che vede gli inquirenti costretti a farsi strada solo interpretando immagini di apparizioni scaturite da riprese video di luoghi pubblici ove la assurda casualità ci mette il suo scellerato zampino, compromettendo in tal modo esistenze già segnate da un dilagante mal di vivere e da uno stressante desiderio di tornare sui propri passi scelleratamente abbandonati.

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