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Estranei

Regia di Andrew Haigh vedi scheda film

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La recensione su Estranei

di ElsaGreer
9 stelle

 

- I'll protect you from the hooded claw
  Keep the vampires from your door -

 

 

Adam (Andrew Scott) è uno scrittore sulla quarantina. Abita ai piani alti di un palazzo appena fuori il centro di Londra, dalle sue splendide vetrate si gode una vista panoramica sullo skyline. E’ uno scrittore, probabilmente in blocco emotivo, trascorre pigramente le giornate nel suo appartamento guardando distrattamente la tv e ascoltando musica degli anni ‘80. Sul suo foglio di scrittura sta per iniziare un racconto, datato 1987. Nel suo palazzo non vi abita ancora nessuno, salvo l’inquilino del sesto piano Harry (Paul Mescal) che incontra per caso e che bussa alla sua porta per fare amicizia, soli in questo palazzo disabitato. Ma Adam declina e rinvia l’incontro guardando alla bottiglia di wiskey che Harry stringe fra le mani.

Adam pensa, molto. I suoi pensieri non li sentiamo ma si intuisce un forte senso di smarrimento e inquietudine. E’ taciturno, è sensibile, i suoi movimenti ed espressioni sono dosati, quasi come la timidezza tipica di un ragazzino adolescente, i pochi sorrisi appena accennati. E’ dolce. Ritrova tra gli oggetti di casa un vecchio addobbo natalizio e decide di tornare nella sua casa d’infanzia, appena fuori Londra. Titubante davanti alla casa in cui è cresciuto decide di allontanarsi, ma viene raggiunto da suo padre (Jamie Bell) che amorevolmente e con immensa sorpresa lo invita a casa fra le braccia di sua madre (Claire Foy). Una casa rimasta immutata e un quarantenne Adam che si trova di fronte i genitori, molto più giovani di lui, che lo interrogano sul suo presente, sulla sua vita, sul suo lavoro, se sia felice. Un incontro surreale, avvolto da un impercettibile velo, quello del tempo… E’ Adam stesso a rivelare il suo strano incontro a Harry, quando lo rivede, comunicando che i genitori sono morti in un incidente molti anni prima, quando lui aveva appena 12 anni. Parallelamente Adam si rincontra con i genitori e si avvicina ad Harry, sempre timidamente, cercando di sciogliere quel nodo che sente stretto nel petto da quell’incidente. Un incidente che ha lasciato interrotto il tempo, la vita di un ragazzino che già percepiva la sua omosessualità ma che non ha mai avuto modo di esprimerla ai genitori, un tempo sospeso che ha congelato sentimenti e pensieri, uno smarrimento che permea anche negli incontri con Harry, molto più estroverso di Adam, molto più audace, ma anche lui solo,in quella palazzina, in quel mondo, nell’adolescenza che ha vissuto negativamente e goffamente. Adam si avvicina sempre più ai genitori, vive momenti di pura gioia e tenerezza, torna ragazzino, dorme nel loro letto fra le braccia di sua madre, rivive una istantanea tra le più belle, l’intenso ricordo dell’addobbo di Natale con in sottofondo “You’re always on my mind”, anno 1987… Ma Adam soffre perché quella sera la vita dei genitori si è interrotta. E’ la stessa madre che si accorge, che chiede ad Adam di chiudere le sue visite, che chiede di lasciarli andare. Lo sprona ad aprirsi, a lasciare che il suo cuore accolga il futuro, magari proprio col giovane Harry. Tra incubi, allucinazioni, pensieri, immaginazione, tormento, Adam deve lasciare andare i genitori. Quel filo sottile che si era interrotto, quel trauma vecchio quanto ancora vivo doveva essere ricucito, la vita doveva riprendere lì dove si era spezzata. Nel suo immaginario Adam aveva fatto coming out con i suoi genitori, consegnando e condividendo con loro quel peso, portato così a lungo da solo. Seppur con iniziale distacco i suoi genitori lo avevano accettato, il cuore viveva ora in pace. Con estrema dolcezza Adam accetta il distacco e sceglie di correre da Harry per comunicarglielo, per iniziare a vivere il suo presente e al sesto piano di quel vuoto palazzo bussa alla porta di Harry...

 

Molto difficile scrivere di questo film senza cadere nello spoiler, si ha veramente la sensazione di essere stati avvolti da un abbraccio senza tempo, un cerchio che si chiude coinvolgendo lo spettatore. Un film che non è facile, ma merita la visione e merita sicuramente molti riconoscimenti, sicuramente l'apprezzamento del pubblico. Ricco di sentimenti pacati, di estrema dolcezza ma mai mielosa, di tenerezza che piano si insinua nella trama della narrazione. Lo smarrimento, la solitudine, l’alienazione sono predominanti, ma edulcorati da uno splendido Andrew Scott che riesce a miscelare con pochissime espressioni facciali la tensione. Un film che entra sottopelle e che probabilmente, in base all’età dello spettatore, apre il finale a diverse interpretazioni e sentimenti. C’è sollievo, c’è tristezza, c’è speranza, c’è conforto. Un tocco, quello del regista Andrew Haigh, che è lieve ma arriva nel profondo. Si serve di toni forti come una musica ad alto volume che stordisce per poi spalancare agli occhi i paesaggi che scorrono lungo un viaggio in treno, il silenzio di un tramonto sulla città lontana, vista dall’alto, con lontano distacco, i colori sbiaditi dei ricordi, le splendide musiche, fra tutte “The power of love” (Frankie goes to Hollywood). Si serve di un palazzo vuoto per ricostruire la solitudine, per poter abitarne gli spazi, per riuscire a dare il senso di spalancare le porte all’oggi e un cuore all’amore, per scacciare i fantasmi del passato.

 

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