Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Cos’altro dire dopo oltre 100 recensioni?
Che il pianista è semplicemente un film che tiene vivo il ricordo dell’olocausto in maniera impressionante?
Non è solo questione di ricostruzione degli eventi e degli ambienti (impeccabile e meticolosa quella del ghetto di Varsavia, con il famoso ponte che divideva ghetto piccolo e grande ed il muro barriera).
Il pianista è un film testamento da consegnare alle generazioni future, un esempio atroce di scavo morale nella memoria di una nazione e di un mondo, il nostro, davanti al quale non si può rimanere indifferenti.
L’orrore quotidiano della guerra vissuto attraverso la triste storia del pianista ebreo Szpilman, braccato dalle forze naziste a Varsavia, a volte è quasi urlato attraverso scene un po‘ sopra le righe e furbette; eppure lo zero assoluto del degrado umano è raggiunto nella seconda parte del film, dove non si grida e non si parla.
Soltanto si assiste attoniti alla lunga fuga del protagonista, che non può sfuggire alla storia, a quello che è stato e che non si può cancellare.
Gli occhi scavati da nosferatu di un attore splendido come Adrien Brody (che guarda al dolore come pochi sanno fare), sono il filtro dello spettatore alla disperazione ed alla miseria della condizione umana.
E‘ il silenzio di quattro mura , quelle dell’appartamento bunker del ghetto, che grida forte alla nostra coscenza, un limbo dove il tempo è sospeso e dove si rimanere attaccati alla vita suonando note immaginarie al piano.
Il suono del piano, Chopin.
La poesia irrompe a tratti impetuosa e prepotente nel film, parentesi di struggente meraviglia, che compie il miracolo della salvezza.
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