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Una donna in carriera

Regia di Mike Nichols vedi scheda film

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La recensione su Una donna in carriera

di champagne1
8 stelle

Chi provoca gli eventi? Tu ...

Nei primi cinque anni della sua attività di regista (tra 1966 al 1971, Mike Nichols ha girato 4 grandi film (Chi ha paura di Virginia Wolf, il Laureato, Comma 22, Conoscenza carnale), imponendosi all'attenzione di critica e pubblico, e vincendo anche un'oscar per Il Laureato (1967), passando dalla commedia borghese, al dramma introspettivo, alla netta posizione anti-militarista. Proveniente dal teatro, suo primo grande amore (la prima regia teatrale eseguita a 29 anni) e mai abbandonato al punto che i titoli teatrali sono poi risultati maggiori rispetto alle produzioni cinematografiche, Nichols  - dopo un intermezzo di circa una dozzina di anni di relativa inattività - torna di nuovo in campo a Hollywood firmando fra '84 e '88 Silkwood, Hertburn e appunto Working Girl.

 

 

Quest'ultimo, derubricato troppo facilmente a commediola romantica, risulta invece un prodotto di grande qualità, non solo perché molto gradevole, anche nell'anticipare di anni un altro cult popolare come Pretty Woman (con cui condivide l'idea della parabola stile-Cenerentola) se pure con un ruolo della protagonista meno passivo rispetto agli eventi della sua vita (con stampo "femminista"), ma anche perché perfetto nel meccanismo narrativo e con un'attenzione ai particolari meticolosa e precisa.

A cominciare dalla composizione del cast: il marpione Harrison Ford, in una versione impiegatizia in cui l'avventura maggiore è l'imboscamento in un pranzo di nozze a cui non era invitato, l'algida Sigourney Weaver, determinata e sicura di sé al punto di commettere un errore fatale, e la sorpesa Melanie Griffith, che completa una serie di film di svolta che la porteranno al successo mainstream, con un personaggio mite ma ambizioso, che cerca di raggiungere il suo "sogno americano" senza snaturarsi e senza rinunciare alla propria femminilità.

 

 

Poi la splendida colonna sonora (vincitrice dell'oscar) firmata da Carly Simon (Let the river run), che guida l'intero film e ne anticipa nei titoli di testa il senso, con il viaggio in traghetto sotto la vigile protezione della Statua della Libertà.

Infine il tipico gusto ironico del Regista, che ovviamente non mette in discussione le basi dello status quo, ma ne denuncia i limiti e le incongruità nel riconoscere il merito: "Uno può cambiare le regole del gioco quando è arrivato, non mentre è per strada; e quando uno non è nessuno, non arriva se non cambia le regole".

Il tutto giocato come una rappresentazione teatrale, in cui il gruppo di segretarie o di amici fa da coro alle azioni dei protagonisti.

 

 

 

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