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Da zero a dieci

Regia di Luciano Ligabue vedi scheda film

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La recensione su Da zero a dieci

di Souther78
4 stelle

Operetta con ambizioni morali molto pop, con attori impacciati e fuori parte, situazioni non verosimili, dialoghi pressapochisti e ridondanti. Mancano trama, psicologia, spessore. L'opera seconda di Ligabue rivela i limiti sopraggiunti anche in campo cinematografico, facendo così il paio con quello discografico.

Sono passati soltanto pochi anni da Radiofreccia, ma già si è rotto qualcosa. O, forse, semplicemente, venuti meno gli aiuti esterni al regista e liberata la sua "vena artistica", se ne può cogliere il magro risultato.

 

Il cameo ininziale di Accorsi gli permette di essere il trait d'union dell'intera filmografia di Ligabue, ma questo non porta fortuna all'opera.

 

Più che un film sull'amicizia, sembra un film sull'omosessualità, vista la "casuale" ridondanza di situazioni simili affrontate dai protagonisti. Si respira cerchiobottismo: l'amico morto, quello ammalato, l'omosessualità, gli anni che passano, le pseudo-zingarate buoniste che suscitano solo tristezza nell'impietoso confronto con quelle alla Amici miei.

 

Attori fuori parte, e non si salva nemmeno Favino, decisamente non nel personaggio, e qui in una delle sue prestazioni più scarse e svilenti del suo potenziale attoriale.

 

Situazioni inverosimili si rincorrono, come le "battute" che non suscitano altro, se non un misto tra commiserazione e tedio. Trama sconclusionata e psicologie tagliate con l'accetta. Qui il regista comincia a gigioneggiare, e si vede: i suoi protagonisti, lungi dall'essere persone, si ostentano personaggi, ma non ne hanno la verve nè la credibilità. Tra concerti e improbabili corse improvvisate di straforo, più che Rimini, sembra di essere nei sobborghi di Los Angeles.

 

Va bene parlare di ciò che si conosce (o dovrebbe conoscere), ma a un certo punto se fai tre film su tre che parlano di gente di Correggio, è un po' come fare un album inedito e due di remix. Insomma, a un certo punto basta: se vuoi fare cinema, ti inventi qualcosa di nuovo di cui parlare, che non siano i tradimenti, le morti, l'omosessualità e i problemi lavorativi di quelli di Correggio. D'altro canto, se in 20 anni tondi tra il primo e l'ultimo film, non sei stato in grado di partorire un'idea diversa, magari rassegnati a fare il cantautore che va avanti a suon di remix.

 

Se come cantautore ho smesso di seguirlo dopo il quinto disco, come regista posso serenamente dire che già al secondo film è arrivato per me al capolinea.

 

Difficile salvare qualcosa di questo film: mancano del tutto battute o dialoghi alla Radiofreccia, e perfino la fotografia di Made in Italy. Manca pure Accorsi. Quest'opera può andare dal mediocre allo scarso, a seconda di cosa si è disposti a scovarci. Per me, personalmente, la superficialità dilagante, il buonismo impacciato e furbesco, l'inverosimiglianza delle situazioni, e le sproporzionate ambizioni moralisticheggianti, lo rendono del tutto scarso e a tratti perfino fastidioso.

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