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Iris

Regia di Aurelio Grimaldi vedi scheda film

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La recensione su Iris

di speedy34
8 stelle

UNA TIEPIDA MATTINA INVERNALE ROMANA ED UNA PICCOLA ED ACCOGLIENTE SALA NEL CUORE DI TRASTEVERE (Il Pasquino) dove anche ad un cane è permesso gironzolare tra le poltrone e le gambe dei giornalisti presenti per la proiezione del nuovo film di Aurelio Grimaldi “Iris”.
Aria “sonnacchiosa” in giro ed uno scarno press-book tra le mani che dice poche cose essenziali che hanno il meritevole pregio di stuzzicare la tua curiosità. E poi, non sai per quale magica alchimia, si viene “catapultati” su di un’isola, Ustica, per la prima volta al cinema (il fantasma del disastro aereo aleggia ancora su questo “pezzo di terra”), e ci si ritrova davanti allo schermo con gli occhi sgranati a seguire il peregrinare della piccola Maria, sette anni.
Determinata e cocciuta nel voler regalare alla mamma, per il suo compleanno, un bel mazzo di iris, Maria si mette a girovagare per le strade dell’isola alla ricerca del padre che spera le dia i soldi necessari per comprarli. Tanti incontri segneranno la sua giornata e proveranno ad intralciarle il cammino (la donna in crisi sentimentale, il marinaio dolce e “ambiguo” allo stesso tempo, la coppia solare di turisti, l’attore napoletano sotto la naia), ma la piccola Maria, forte di quella cocciutaggine che ha fatto la fortuna/sfortuna del popolo siciliano, riuscirà nel suo proposito.
E per uno strano scherzo del destino, anch’esso amico/nemico dei siciliani, i mazzi di fiori alla fine si moltiplicheranno sotto lo sguardo perplesso dell’ignara mamma.
Le luci si riaccendono in sala e gli occhi continuano a rimanere sgranati per la sorpresa di aver assistito ad un piccolo miracolo: il cinema ritorna a raccontare gente, azioni e parole semplici. E paradossalmente l’impresa è riuscita ad un regista come Aurelio Grimaldi che ci aveva abituato ad un cinema “forte”, duro, che l’unica emozione che riusciva a provocare era il dolore di un pugno allo stomaco.
Ma, memore della lezione di Zavattini e di De Sica, questa volta, grazie al semplice e naturale talento di sua figlia Arancia Cecilia Grimaldi nel ruolo di Maria, ci regala quelle emozioni più dirette, vere e spontanee che il pudore della messinscena ed i colori vivi di un’isola del sud ci restituiscono nelle loro forme più comuni ed umane.
Il monito di De Sica (“I bambini ci guardano”) è più che mai valido ancora oggi e siamo grati ad Aurelio Grimaldi che, fregandosene delle logiche di mercato, costruisce un piccolo “racconto morale” sull’Uomo che la vastità del mare di Sicilia a stento riesce a contenere.




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