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I vizi morbosi di una giovane infermiera

Regia di Eloy de la Iglesia vedi scheda film

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John_Nada1975

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su I vizi morbosi di una giovane infermiera

di John_Nada1975
6 stelle

Titolo italiano assolutamente fuorviante, poiché le nudità e turpitudini sessuali della bella e pure convincente Sue Lyon, nel film non ci sono, ma non privo di addentellati con le sue azioni che ben poco hanno da spartire materialmente con il sesso, ma con psicopatologia sì.

Eloy De La Iglesia da regista pressoché unico che è stato nel cinema spagnolo di genere, poteva forse soltanto lui pensare di "inglobare" in suo film citazioni più o meno aperte, tematiche e di dècor scenografico, concezione futuristica e distopica, del capolavoro kubrickiano "Arancia meccanica", a partire dalla turpe e violentissima gang di "simil drughi" in dune buggy, che irrompono nella casa futuristica di una famiglia comportandosi come nel modello, proprio prima di una annunciata messa in onda del capolavoro, da una gigantesca TV a parete(nel 1973).

E' ovvio che poi per ovvie carenze di talento generale dei comparti, e di mezzi, non si possa riuscire più che fino ad un certo punto, a stare dietro alla fantasmagoria fotografica, stilistica e tecnico registica, alla perfezione formale di uno come Kubrick e i suoi collaboratori. 

Per il cinema spagnolo nel periodo franchista(e il film capolavoro citato non vi vedrà la distribuzione fino al 1980), è comunque uno sforzo di concezione e realizzazione futuribile non disprezzabile, oltre che nella sua tenuta complessiva, unico. De La Iglesia attraverso la sempre kubrickiana(una vera e propria ossessione) Lyon(bella la sequenza in cui con improbabile parrucca bianca e fingendosi tardona, aggancia in un bar per gigolò un modello-stallone, leggendo una edizione di "Lolita"), tenta di far coesistere all'interno di un racconto para-fantascientifico sugli esperimenti ospedalieri di elettroshock e medicinali psicotropi, condotti su detenuti dal professore Jean Sorel per modificarne i comportamenti e gli istinti violenti criminali, una sottotraccia di psycho-thriller per traumi matrice nella propria infanzia, qui declinati in un personaggio di assassina. Forse troppi elementi e troppo eterogenei per un solo film, ma è innegabile la bravura registica di De La Iglesia, presa anche per sole singole sequenze. Come quella bellissima della Lyon in camicia da notte insanguinata, che dopo l'ultimo omicidio cammina nella tenue luce di un tramonto o alba sullo sfondo, per una terrazza alberata dalle foglie cadenti e volteggianti per un forte vento.

Notevole anche la sequenza insistita di Chris Mitchum che fugge per un lungo inseguimento con la moto, dalla dune buggy dei suoi ex compari drughi di violenze e scorribande, conducendo lui stesso e ad alta velocità per le trafficate strade notturne madrilene(aveva già dato prova di queste sue capacità motoristiche incredibili in prima persona in "Ricatto alla mala" di Alberto Isasi Isasmendi, 1972), in una sequenza acrobatica e pericolosa oggi impensabile. Fuga lunga e inutile, poiché alla fine viene comunque raggiunto e reso protagonista di un violentissimo pestaggio, con tanto di addirittura menomazione virile,  e paralisi.

Bello anche il finale quasi tutto cassato dalla versione italiana(vari sono i montaggi e ri-montaggi nelle varie versioni internazionali e di scene censurate, pure per il mercato franchista interno), in cui la vera natura dei criminali riemerge comunque prepotentemente, in un interno di festa e tavola settecentesco, appositamente realizzato, e altro rimando kubrickiano questa volta a "2001".

Originale e che resta nella memoria pure la scelta dei fermoimmagine sulle azioni e gesti violenti, e la scelta di sottolinearle con il suono dei bip come in un altro esperimento da topi umani di laboratorio.

Non male la colonna sonora di George Garvarentz che riarrangia persino Strauss.

Irrisolto, ma molto particolare.

 

John Nada 

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