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Cento domeniche

Regia di Antonio Albanese vedi scheda film

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La recensione su Cento domeniche

di Gangs 87
6 stelle

Antonio è un uomo semplice. Tornitore in pre-pensionamento, passa il tempo libero giocando a bocce. Si prende cura dell’anziana madre e coltiva una relazione con Adele, donna sposata. Quando l’adorata figlia Emilia gli comunica la decisione di sposarsi, Antonio è felicissimo. Ma quello che sembrava un sogno, il sogno di una vita, si trasforma ben presto in un incubo.

 

Antonio Albanese non è di certo nuovo alle incursioni nella nostrana cronaca recente. Lo aveva brillantemente dimostrato con Contromano e ci riprova con il suo ultimo lavoro da regista, a cinque anni dal citato film. I problemi che angustiano il nostro paese sembrano ispirare le sceneggiature recenti di Albanese la cui carriera oscilla tra commedie frivole e film impegnati.

 

In questo racconto prova a parlarci della crisi economica che ha colpito le banche, con il crac di diversi istituti di credito che ha prosciugato i risparmi di molti italiani, molti dei quali ancora in attesa di un risarcimento che forse mai verrà colmato. Albanese ci porta in provincia di Lecco, nel suo territorio natio, forse per rendere ancora più introspettiva l’esperienza di un film a cui, a detta sua, pensava da tempo; il racconto si svolge con il tono sommesso di chi vuole farsi portavoce di un fatto collettivo ma che al contempo si muove con rispetto.

 

Albanese realizza un film asciutto e crudo, diretto, senza mezzi termini eppure… eppure qualcosa non funziona. Forse proprio questo tono quasi remissivo che l’attore e regista mantiene per tutta la durata della pellicola, finisce per smorzare l’enfasi che la storia possiede naturalmente.

 

Antonio incapace di reagire, succube delle scelte sbagliate che lui attribuisce ad altri ma che portano la sua firma, si lascia schiacciare da un senso di smarrimento e di impotenza che sovrasta l’amore per la figlia che fino a qual momento ci viene mostrato come fulcro della sua esistenza e dei suoi sacrifici, creando un contrasto narrativo che rivela l’inganno emozionale finora creato.

 

Antonio è un personaggio concerne alla normalità, a quella invisibilità in cui spesso vengono rilegati i protagonisti dei fatti di cronaca spesso solo accennati nei telegiornali, di cui nessuno ha memoria, men che meno ricordo. Questa caratteristica, che si fa certamente portavoce della realtà, non contribuisce a creare l’empatia necessaria con lo spettatore affinché la drammaticità della storia narrata arrivi a generare il traporto che meriterebbe, finendo invece per diventare l’elemento portante di una pellicola dimenticabile.

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