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Il settimo sigillo

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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Gangs 87

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La recensione su Il settimo sigillo

di Gangs 87
8 stelle

Avere la possibilità di guardare questo film in lingua originale, naturalmente sottotitolato, credo sia stato per me, un grande privilegio. Ho avuto la possibilità di individuare non solo la passione che Bergman mette nelle sue opere, senza l’alterazione che ne consegue dal doppiaggio, ma anche di godere dell’originalità di un’opera così maestosa.

 

Tutto nasce da quel senso di incompiuto che ogni essere umano sembra avere dinanzi alla prospettiva di una morte imminente; pervaso dalla consapevolezza che il controllo delle cose non esiste e che siamo vittime del tempo che costantemente minaccia lo scorrere delle azioni che condizionano la nostra esistenza.

 

Lo sa bene Antonius Block costretto ad escogitare uno stratagemma pur di ritardare la sua dipartita. Così sfida la morte in una partita a scacchi credendo di poter sopravvivere alla sua fine. Max von Sydow con la sua sofferente interpretazione, rispecchia l’insistente quanto vana ricerca di Dio, di una ragione che possa alimentare la sua fede, che in realtà e meno radica di quanto lui stesso creda. Il suo personaggio è l’incarnazione del fedele che prosegue nella ricerca nonostante i risultati continuino a non palesarsi; combatte per rendere la sua vita migliore affinché possa guadagnarsi un buon posto nell’aldilà, e ci crede nonostante tutto, anche quando si accorge di quel nulla negli occhi di una ragazza che abbraccia il suo destino, che va incontro alla morte pur non credendo in qualcosa di migliore oltre il buio. Gli occhi ardenti di Block ci trasmettono la brama della fede, anche quando la parte razionale che lo accompagna, rappresentata egregiamente dal suo scudiero Jöns, finisce per contrastare ogni suo slancio religioso.

 

La rappresentazione è una prospettiva introspettiva della religione. Sembra sviscerare ogni sentimento umano davanti all’ignoto a cui ci sottopone la morte. L’ansia del protagonista è quella di ogni spettatore e la paura della morte ci accomuna creando con lui l’empatia necessaria ma non morbosa che serve per poter comprendere i gesti che Antonius farà per tutto il tempo.

 

Questo film può essere considerato l’emblema della fede, viste le domande che si pone e a cui comunque non sembra riuscire a dare una risposta. Nonostante il tema centrale ruoti totalmente intorno alla religione: il protagonista torna da una crociata, per le strade si susseguono processioni, la donna è rappresentata come il peccato, alberga in lei la perdizione; sembra tornare comunque alla medesima conclusione, la fede quella vera, non ha bisogno di risposte.

 

La scena finale, di coloro che si arrendono alla morte e si lasciano condurre nel regno dei cieli, la descrizione che l’attore di strada Jof ci offre, possiamo dire che è una delle inquadrature più belle che i miei occhi abbiano mai visto. Bergman, ci trascina nelle viscere del nostro essere e, pur non placando gli enigmi della nostra esistenza, ci dipinge il quadro di quelle nostre emozioni che oscillano tra la vita e la morte.

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