Regia di Franco Brusati vedi scheda film
Mario viene ingaggiato come cameriere avventizio per una festa nella villa di un industriale moribondo, poi ritrova il vecchio amico Bruno che si è messo a fare il mantenuto, poi cerca di tirare fuori la madre dall’ospizio dei poveri con l’aiuto di un prete equivoco. Brusati è un regista serio, ma questo è un film sbagliato: narrativamente sconnesso, essendo formato da episodi staccati tra loro, rigidamente divisi a seconda delle classi sociali (alta borghesia, media borghesia, proletariato) e privi di una vera conclusione; ambizioso nel suo voler essere un affresco delle miserie umane all’epoca del boom, ma irrisolto e con una sceneggiatura debole. Ha un sontuoso cast internazionale, ma lo sottoutilizza in un minutaggio non particolarmente lungo: alcuni personaggi non hanno alcuna necessità narrativa (Antonella Lualdi e Jean Sorel), altri sono privi di spessore (Curd Jürgens, che vediamo agire solo nell’inutile flashback con il figlio Sami Frey), altri sono penalizzati da interpretazioni sopra le righe (Alida Valli e Susan Strasberg). Comunque il difetto principale è il protagonista Renato Salvatori, un minuscolo arrivista “la cui unica caratteristica sembra essere l’invidia della ricchezza” (Mereghetti).
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