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Salò o le 120 giornate di Sodoma

Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film

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La recensione su Salò o le 120 giornate di Sodoma

di cazzeggiatore del millennio
10 stelle

Elegante allegoria che parla di mille cose col piglio giusto, e vi assicuro che non è facile visti i temi trattati.

  Quattro amici, ricchi borghesi, devono andare a Salò dove si stanno concentrando le ultime forse fasciste in Italia. Decidono di portare con loro giovani ragazzi fungenti da trastulli sessuali, vengono radunati così i più bei ragazzi del borgo, li seguiranno i quali sopravvivranno alle loro torture.

  Pier Paolo Pasolini, primatista di denunce in Italia, in procinto di girare questo film disse ad un membro del cast “Prepariamoci alla guerra”. Salò infatti può essere considerato come l’atto ultimo d’un disperato maestro che dinnanzi alla cecità generale si è ritrovato ad ammettere a sé stesso “O la va o la spacca”. C’è chi lo definisce ricco di perversioni pregne di autocompiacimento, non è del tutto sbagliato in effetti perché qui Pasolini non si è dato remore, come un bimbo che dopo essersi preso un pasto di botte se la ride preparando il prossimo sgarro. Il ragionamento su qualcuno sovrapposto completamente al più debole, stupido ed impigrito, il borghese si lascia andare ad un inutile sadismo senza senso, non è un caso che al momento di mangiare le feci gli aguzzini s’ingozzino ed i sottomessi si disgustino, la differenza nell’atteggiamento verso un atto oggettivamente disgustoso sta proprio nella differenza di posizione trai  primi e i secondi: il potere dà assuefazione, la vera anarchia avviene alla presenza di un potere assoluto. Malgrado scettico nei confronti della religione, l’autore sostiene l’importanza di una componente spirituale nell’uomo come mezzo per entrare in sintonia con sé stesso più che come mezzo per avvicinarsi a Dio, emblematica è la statua della Madonna molto spesso voltata dall’altra parte rispetto al punto dove avvengono le torture.

  La regia è sontuosa con una quadratura sconvolgente rispetto all’andazzo degli eventi, sempre più scellerati ed insopportabili rispetto all’eleganza di un’opera che stilisticamente non si concede un solo scivolone. I padroni di casa sono gentilissimi ed elegantissimi, pacati nei modi, incredibile poi siano capaci di concedersi alle crudeltà che si vedono al proseguire dei minuti.

  La telecamera sta quasi completamente immobile, la luce è poca e tra le stanze il preludio di ciò che accadrà esce continuamente dalle bocche degli aguzzini contribuendo ad un’atmosfera snervante, proprio quest’ultima fa metà del lavoro assieme ai visi un po’ smarriti ed un po’ impauriti dei giovani, un’atmosfera dove esce l’impotenza delle vittime umiliate tanto da non essere concesso loro nemmeno di indossare vestiti.

  Infine il massacro avviene la pellicola sfodera tutto il suo pessimismo, la teorizzazione di un totalitarismo forse invisibile più che scomparso e per definizione destinato alla tragedia ineluttabile, per la cronaca penso che gli effetti speciali qui messi in scena siano i migliori mai fatti nella storia del cinema con una resa della violenza perfetta, non spettacolarizzata in grande nello schermo ma messa alla berlina, ogni atrocità è più cattiva dell’altra eppure è tutto messo quasi in secondo piano dove si merita come atto basso e disgustoso.

  Un film di cui ci vorrebbero centinaia di saggi e dalle mille allegorie dove si ragiona su violenza, potere, religione, vacuità dell’impigrito uomo moderno. Tra cent’anni forse sarà ancora attuale per i temi trattati e per come vengono trattati.

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