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I delfini

Regia di Francesco Maselli vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su I delfini

di jonas
10 stelle

Senza mezzi termini, un capolavoro misconosciuto del cinema italiano. C’è il mondo dei rampolli bene di una città di provincia (il titolo allude appunto al loro ruolo, quello di eredi delle aziende paterne). C’è un giovane (Gérard Blain) che fa parte della loro cerchia ma ha una maggiore autoconsapevolezza, li osserva con occhio obiettivo e li giudica senza indulgenze (è la voce narrante); lui, da grande, non vuole diventare come suo padre, perché sogna una vita diversa: quando si accorge che la fidanzata (Anna Maria Ferrero) non intende seguirlo su quella strada, la lascia; poi però, siccome la carne è più debole dello spirito, nell’ultima scena lo vediamo sposato e installato nell’ufficio dirigente della ditta di famiglia, a meditare sui passati errori di gioventù. Come nella vita, c’è chi scende e c’è chi sale: scende la patetica contessa Rita Cherè (Betsy Blair), che ha sempre vissuto al di sopra dei propri mezzi e nel bellissimo sottofinale annuncia di voler partire: per il Messico, dice lei, ma quando gli altri scoprono la sua villa desolatamente vuota di mobili e piena di cambiali la verità viene impietosamente a galla. Invece sale Fedora (Claudia Cardinale), una ragazza del popolo che all’inizio guarda i delfini da lontano, incantata dal loro modo di vivere, e poi ha l’insperata possibilità di entrare in quel mondo grazie a una relazione con uno di loro (Tomas Milian): lei si rende conto che è una scelta disgustosamente opportunistica e vorrebbe lasciarlo; ma poi, anche spinta dal rampantismo della madre, diventa abbastanza cinica da rifiutare l’amore sincero di un giovane pulito (Sergio Fantoni). La ricchezza delle vicende funziona come punto di snodo fra varie esperienze cinematografiche di quegli anni: nel complesso sembra la versione socialmente più elevata de I vitelloni, ma c’è anche la morale de Il gattopardo (tutto si risolve in un avvicendamento di persone, non in un cambiamento della società), ci sono le inquietudini di Prima della rivoluzione (anche lì una fidanzata lasciata, in segno di rifiuto delle convenzioni, e ripresa dopo il ritorno all’ordine). Un film perfetto, senza la minima sbavatura, appassionante dalla prima all’ultima scena: confrontarlo con ciò che faceva Antonioni in quegli anni per capire come gli stessi temi (decadenza morale della borghesia, estraneità reciproca all’interno della coppia) potessero essere trattati in modo ben diverso. Maselli non è mai più riuscito neanche lontanamente a ripetere un simile exploit.

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