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C'era un cinese in coma

Regia di Carlo Verdone vedi scheda film

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La recensione su C'era un cinese in coma

di LorCio
6 stelle

Tra la fine degli anni novanta e l’inizio dei primi duemila, Carlo Verdone fu palesemente investito da una lenta crisi autoriale, dovuta più che altro alla società nella quale si viveva allora. Non era più tempo dei vari personaggi che l’avevano reso celebre e anche i film più delicati e agrodolci non sembravano riscuotere lo stesso successo.

 

C’era un cinese in coma, il film che è l’anticamera della maturità artistica di Verdone, è la storia di un fallito. Un altro, si direbbe, conoscendo il percorso verdoniano. No, questo è un fallito senza appello. E lo è ancora di più perché bazzica dietro le quinte del mondo del presunto spettacolo di bassa lega. Non sapendo più che pesci pigliare, sfrutta il talento comico rivelato dal suo autista Nicola, che diverrà il pioniere della sexy-comicità, tutta giocata sulla sensualità del cabarettista e doppisensi a sfondo sessuale. Quando altri si accorgono di lui, Nicola, diventato Nicky, scarica il capo, già vittima dell’abbandono della moglie russa. E se anche la figlia intreccia una storia con la star…

 

Una delle puntate più amare dell’itinerario di Carlo Verdone, scritta assieme al fido Pasquale Plastino e con Giovanni Veronesi, ma non delle più felici. Forse un po’ troppo diluita, l’opera pecca talvolta nel disegno fin troppo patetico del suo protagonista. Fino a che punto Verdone sia nel personaggio non è chiaro, ma è indubbio un qualche recondito coinvolgimento nel personaggio. E non sempre lo script serve situazioni piacevoli (vedi il furto dell’incasso ad opera delle prostitute) e anche il finale lascia alquanto malinconici, con quei cazzotti serrati con amarognola rassegnazione, l’incendio della macchina.

 

Malinconico è il film, anche troppo per essere una commedia, con alcune scene da ricordare (tra cui la sfida ai go kart col bambino). Il titolo deriva dalla barzelletta che rivela la comicità di Nicky, interpretato da un sorprendente Beppe Fiorello, un cocktail di irriverenza e garbatezza, sensualità e mascolinità, al quale il generoso Carlo affida buona parte della scena.

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