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Cop Game: giochi di poliziotto

Regia di Bruno Mattei vedi scheda film

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La recensione su Cop Game: giochi di poliziotto

di giurista81
6 stelle

War Movie miscelato al poliziesco in cui Bruno Mattei, che si firma Bob Hunter mantenendo il proprio nome solo per il credit del montaggio, dimostra discreto mestiere. Il 1988, anno di uscita del film, è la stagione in cui a Hollywood esce il thriller, contaminato con elementi propri del cinema di guerra, Saigon interpretato da una coppia di poliziotti, tra cui Willem Defoe, chiamati a indagare su una serie di omicidi perpetrati a danno di prostitute vietnamite per mano di militari americani. Mattei trae linfa dalla pellicola di Christopher Crowe, ma se ne discosta. La coppia costituita da Rossela Drudi e Carlo Fragasso costruisce una storia più elaborata della media dei prodotti affidati alla mano di Bruno Mattei.
Da Saigon arriva l'idea della coppia di poliziotti a cui viene affidata l'indagine su un blitz di tre militari americani, appartenenti a un reparto deviato agli ordini di un colonnello cocainomane (il newyorkese Robert Marius), che ha portato all'uccisione nel corso di una festa privata di un ufficiale statunitense. 
Nei panni dei due giovani indagatori ci sono Brent Huff, che lavorerà anche in successivi prodotti di Mattei, e Max Laurel che interpreta un vietnamita del Sud alquanto muscolare. I due forniscono prova, tutto sommato, più che sufficiente, seppur maggiormente giocata su un piano fisico. Lo stesso Huff appare qua assai più convincente che altrove, sempre ironico e facendo sfoggio di camicie colorate e pacchiane. Instradati da una misteriosa ragazza, i due riescono a risalire all'idendità del commando, composto da tre militari, celato dietro l'assalto da cui prende le mosse il film. Nei panni della ragazza, che poi resterà sullo sfondo della vicenda pur avendo il ruolo centrale del film, c'è la sfortunata Candice Daly, fidanzata nella vita di tutti i giorni del protagonista Brent Huff. La donna morirà a soli 38 anni, curiosamente, dato il suo personaggio (dichiara di essere un'eroinomane, ma lo fa per dare il via al suo gioco), per sospetto eccesso di sostanze stupefacenti sebbene il suo fidanzato dell'epoca dichiarerà di temere una morte a seguito di un malato spettacolo erotico avvenuto all'interno di una stanza fatiscente.
Grazie all'aiuto della giovane, i due, vagando per le vie di un'approssimativa Saigon tra inseguimenti automobilistici che ricordano i voli delle auto della serie Hazzard e sparatorie nei mercati, riescono a ricostruire il movente. Sembra infatti che gli assassini siano stati inviati da un eroico colonnello, tale Shooman (ovvero l'attore Marius), che sul fronte sta contenendo la carica del Vietnam del Nord ormai sempre più prossimo a respingere l'incursione americana, così da porre il termine alla sanguinosa guerra. Shooman avrebbe ordinato l'uccisione di tre ufficiali americani testimoni di un suo massacro, durante una missione sul campo di battaglia, a danno di vecchi, donne e bambini. Ogni tentativo di catturare gli assassini però si rivelerà impossibilitato sia dall'atteggiamento indomito dei componenti del commando sia dall'intervento di soggetti esterni. I due poliziotti, assai spacconi, riusciranno a far emergere tuttavia un'altra realtà. Spediti al fronte dal generale che indende far luce sul tutto, interpretato da Brett Halsey (che ricordiamo protagonista, tra gli altri, nel western Oggi a Me... Domani a Te - dove dirigeva un gruppo di reietti che comprendeva anche Bud Spencer - e nell'horror di Lucio Fulci Quando Alice Ruppe lo Specchio), finiranno per incontrare Shooman. Colonnello fuori dalle righe, vaga reminescenza hippie del Kilgore di Apocalypse Now, verifericheranno, dopo averlo visto in azione (effetti speciali con elicotteri che, in mezzo alle fiamme e alle detonazioni, bombardano un accampamento vietnamita in cui gli stunt si esibiscono in voli esaltati dai rallenty di Mattei), la sua estraneità ai fatti. Shooman incarna infatti il ruolo del militare mai domo, su cui sono riposte le ultime speranze americane, ma che proprio per questo finisce inviso a tutti (è l'ostacolo alla fine della guerra). Un soggetto scomodo che in molti vorrebbero eliminare. Viene così fuori un complotto ordito dall'interno dell'esercito americano facente capo a una spia del KGB per minare dall'interno gli ultimi tentativi di resistenza. E a capo di questi complotto chi ci sarà? Un'agente russa... un'insospettabile donna che muove tutte le pedine del gioco, sacrificando persino i suoi uomini per indurre in errore gli investigatori.
Non male, dai... Mattei, con poco budget, porta a termine un b-movie non disprezzabile, evitando anche di scopiazzare troppo. Certo, i dialoghi non sempre sono lodevoli ("Cos'è stato: un attentato?" chiede un militare, ottenendo per risposta "No, ci sono dei morti...!") tuttavia Cop Game beneficia di un ottimo montaggio e di una calibratissima colonna sonora di Al Festa. Mattei cadenza molto bene il ritmo e gioca sui frequenti cambi di prospettiva nello sviluppo della storia. Tamarrissimo e appropriato triplo colpo di scena finale, specialmente gli ultimi due con l'immagine col doppio mirino che va a sovrapporsi su Brent Huff. Dietro al fucile c'è il mitico Gargiulo della serie Monnezza ovvero Massimo Vanni. Il cecchino sta per sparare ma si sente un colpo. Cambio di inquadratura e, in primissimo piano, appare un altro storico caratterista del cinema di intrattenimento italiano: Romano Puppo, per una volta nei panni del buono, giunto a salvare il suo uomo di punta (Huff). Mattei chiude il film con l'inquadratura sorridente del gigante brizzolato, per un happy end ben gestita. La musica ritmatissima e con un sound americaneggiante di Festa tiene vivo un prodotto, per il format e la destinazione, riuscitissimo. Nel cast artistico figura anche Werner Pochath che avrà nel successivo Nato per Combattere un ruolo maggiore.
Cop Game è un film misconosciuto nella produzione di Mattei, tanto che persino nel volume Bruno Mattei - L'Ultimo Artigiano del duo Lupi-Gazzarrini (cui il sottoscritto ha partecipato per la parte western) edito da Il Foglio viene liquidato in otto righe. Non un capolavoro, certo, ma un prodotto che assolve al compito per cui è stato realizzato. Girato nelle Filippine dalla consueta produzione facente capo a Franco Gaudenzi, ottiene le nostre tre stellette: Bruno Mattei, promosso sul campo."

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