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Il Pap'occhio

Regia di Renzo Arbore vedi scheda film

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La recensione su Il Pap'occhio

di Baliverna
4 stelle

Una raccogliticcia compagnia di varietà viene incaricata di mettere in piedi una nuova sgangherata televisione vaticana. Renzo Arbore tentò la strada del cinema, che però si rivelò non essere la sua vocazione.

Renzo Arbore mi è sempre stato simpatico, e le sue trasmissioni televisive mi sono sempre piaciute, ma un vero regista proprio non lo è. Non ha idea dei tempi, delle inquadrature, la trama è esilissima (ma questo me l'aspettavo), la sceneggiatura è mediocre, e i dialoghi banali. L'umorismo è puerile. Ciò che nelle sue trasmissioni mi faceva ridere, qui mi fa cadere le braccia: ad esempio il disordine, la casualità, l'essere inconcludente, e cose del genere. Quando Arbore faceva “Indietro tutta”, il disordine e la casualità che regnavano nella trasmissione, come pure il loro perdere sempre tempo in chiacchiere, mi divertivano. Ebbene, questi stessi elementi nel film mi fanno cadere le braccia...

Lo stesso, peraltro, posso dire di Luciano De Crescenzo, co-autore della sceneggiatura: era un personaggio simpatico, con i suoi libri e i suoi aneddoti gustosi, ma non sapeva cosa sia sceneggiare un film.

La satira di papa Wojtila e del Vaticano si riduce ad una farsa scherzosa e neppure malevola, a ben guardare. È solo un buttare in ridere senza cattiveria un po' tutto e tutti. Lo stesso Arbore, del resto, dichiarò nel documentario realizzato sul film che lui la fede non l'ha persa e che non intendeva attaccare nessuno. Ciò fa parte, indubbiamente, della personalità originale e fuori dagli schemi del personaggio.

Cosa si salva in questo film, tra una scenetta stiracchiata e l'altra? Forse solo certe canzoni, ben accompagnate da ottimi musicisti, ma con le parole storpiate, a cui ci avrebbe poi abituato il suo autore: si pensi a “Non correre papà, perché è già morta mamma sull'autostrà”. E qui di nuovo si vede la fantasia e la creatività di Arbore, ma qualche canzone non basta a salvare la baracca.

Benigni è abbastanza incerto e spaesato, e sembra chiedersi “ma che cosa ci faccio io qui”; Abatantuono, invece, pare a suo agio, e infila certe battutine e mossette non male, meglio che in altri suoi film del periodo. Quanto a Isabella Rossellini, invece, viene il dubbio se fosse più bella lei o la madre Ingrid Bergman. “Le sorelle bandiera”, invece, non mi sono risultate simpatiche, a differenza del coro di negri che fa la parodia di alcune canzoni.

 

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