Espandi menu
cerca
Amore, piombo e furore

Regia di Antonio Brandt (Monte Hellman) vedi scheda film

Recensioni

L'autore

rocky85

rocky85

Iscritto dal 30 maggio 2010 Vai al suo profilo
  • Seguaci 49
  • Post 3
  • Recensioni 294
  • Playlist 3
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Amore, piombo e furore

di rocky85
6 stelle

Verso la metà degli anni Settanta, dopo una serie di opere importanti ma di poco successo e circolati solo sui circuiti indipendenti, a Monte Hellman vengono chiuse le porte della Hollywood che conta. Dal 1974 al 1978 viene chiamato soltanto per ultimare tre film rimasti incompiuti, senza che il proprio nome venga accreditato nei titoli di testa. Nel 1978 Hellman si affida ad una produzione italo-spagnola e dirige Amore, piombo e furore, tardo spaghetti western dai toni crepuscolari. Il protagonista è il pistolero Clayton Drumm (Fabio Testi), che viene graziato con una amnistia dal governatore perché uccida il contadino Matthew Sebanek (Warren Oates), restìo a vendere la propria terra ai boss della ferrovia. Clayton fa amicizia con Sebanek, ma finisce ben presto con l’innamorarsi della moglie (Jenny Agutter), che decide di fuggire con lui. In viaggio insieme alla donna, Clayton dovrà così guardarsi dall’ira di Sebanek e dai killer della ferrovia. “Un breve momento di piacere non vale la vita di un uomo”, dice Clayton, e forse questa frase spiega il finale conciliatorio. Film strano e ambizioso, Amore piombo e furore tenta di coniugare il tono epico del western classico americano (il personaggio del giornalista, interpretato addirittura da Sam Peckinpah, è un chiaro riferimento al cinema di John Ford ed alla distinzione tra mito e leggenda) con il sadismo e la violenza di quello italiano. Una storia di amore e vendetta intrisa da un leggero anticapitalismo di fondo, e un tocco di misoginia celato dietro il racconto. Il risultato, purtroppo, è confusionario, caotico, irrisolto e a tratti contraddittorio. Certamente superiore alla media degli spaghetti western che si giravano all’epoca, ma non ci si accorge della mano del suo regista, né delle tematiche a lui care. Bella fotografia di Giuseppe Rotunno, musiche troppo ossessive di Natale Massara e Pino Donaggio. Il “vecchio orso” Warren Oates, attore feticcio di Hellman, pur trattenendosi si mangia il bel Fabio Testi in un solo boccone. Il titolo americano è China 9, Liberty 37, in riferimento ad un cartello che si vede all’inizio del film. Ah, dimenticavo: la versione italiana accredita come regista tal Antonio Brandt, che fu in realtà l’assistente di Hellman durante le riprese. Il motivo non so dirvelo.

 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati