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Lettera a Franco

Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film

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La recensione su Lettera a Franco

di supadany
6 stelle

Torino Film Festival 37 – Festa Mobile.

Chi tace acconsente. Di fronte a un pericolo di vaste proporzioni, che rischia di cambiare per sempre i connotati di uno Stato, nessun cittadino può infilare la testa sotto la sabbia poiché, così facendo, non avrebbe più scuse per lamentarsi – almeno per molti anni – di non poter manifestare liberamente la propria opinione, appoggiando eventuali ribaltoni.

Se questa affermazione è valida per un qualsiasi cittadino, lo è tanto più per gli uomini di cultura. Personaggi che conoscono la Storia, passata e recente, la natura umana e i disastri da lei prodotti, che possiedono il carisma per essere convincenti e non hanno paura di affrontare e dibattere temi caldi in mezzo alla folla.

Succede poi che, anche con tutto il coraggio di questo mondo, una situazione avversa rimanga incontrovertibile, destinata a procedere in un viaggio senza sosta verso l’oblio.   

Spagna, estate 1936. Seppure manifesti delle ritrosie, il popolare scrittore Miguel de Unamuno (Karra Elejalde), rettore dell’Università di Salamanca, appoggia pubblicamente il colpo di Stato guidato dal generale Francisco Franco (Santi Prego) e dall’uomo a lui più vicino, il generale José Millán-Astray (Eduard Fernández).  

Quando la guerra civile assume dimensioni preoccupanti e alcuni suoi colleghi – Salvador Vila (Carlos Serrano-Clark) e Atilano Coco (Luis Zahera) - vengono imprigionati senza addurre motivazioni plausibili, l’intellettuale rimette in discussione la sua posizione, cerca di convincere Franco a liberarli e, infine, decide di uscire allo scoperto, mettendo a repentaglio la sua stessa vita.

 

Karra Elejalde

While at War (2019): Karra Elejalde

 

Con Mientras dure la guerra, Alejandro Amenábar, i cui principali successi cominciano a essere distanti nel tempo (Apri gli occhi – 1997, The others – 2001 e Mare dentro - 2004), prende due piccioni con una fava.

Così, mentre impagina la fase uno del periodo più cupo della Storia spagnola, incornicia il ritratto di una figura intellettuale per nulla accomodante.

Proprio Miguel de Unamuno, che nel 1935 aveva sfiorato il premio Nobel, descrive con equilibrio quello che Alejandro Amenabar mostra sommariamente, ovvero una nazione attraversata da vendette, odio e risentimento, con la destra e la sinistra – le due facce della stessa medaglia - ai ferri corti (ma anche i problemi con i baschi e i catalani, che dovrebbero far accendere una lampadina sulle diatribe attuali), la necessità di mantenere separate le cariche e i campi istituzionali, ad esempio evitando le ingerenze dei militari nell’ambito universitario.   

Un clima incandescente che Mientras dure la guerra raffigura meglio a parole che in immagini, perlopiù didascaliche, con complementi stucchevoli e rimpalli – anche inessenziali - da melodramma paratelevisivo.

Contemporaneamente, è anche scorrevole, può contare su tre personaggi influenti, ha conflitti collettivi e tematiche individuali, probabilmente un po’ troppo materiale per occupare centodieci minuti mantenendo un bilanciamento continuativo delle equidistanze.

In buona sostanza, Alejandro Amenabar non rinnova i fasti della sua golden age, intrappolato in un progetto che non offriva particolari spazi di movimento, con un unico momento topico – il discorso di Miguel de Unamuno davanti agli organi militari – che però arriva giusto in tempo per i saluti, innalzando per la prima volta il coinvolgimento a un livello superiore.  

Scostante.

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