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Il destino

Regia di Youssef Chahine vedi scheda film

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La recensione su Il destino

di sasso67
8 stelle

Un film contro l'ignoranza e l'intolleranza, a favore delle idee, del pensiero (che, secondo la didascalia finale del film, scritta dallo stesso regista «ha le ali e nessuno può impedirgli di volare»), della tolleranza e della prevalenza dell'etica nella vita comune nonché nella politica. Al centro di questa storia vi è la figura carismatica di Averroè, filosofo, medico, matematico, giurista, nato e vissuto nell'Andalusia araba del XII secolo. Il quale accoglie presso la propria abitazione il figlio (si chiama Youssef, e non è certo casuale la coincidenza del nome con quello del regista) di un vecchio discepolo, bruciato sul rogo quale eretico nella cattolica Languedoc, nel sud della Francia. Cristiani intolleranti e musulmani tolleranti, quindi... Parzialmente è così, anche se presso il califfo stanno tramando e prendendo piede gli integralisti, che assumono una grossa influenza su uno dei due figli del sovrano. I fondamentalisti islamici assumono sempre maggior potere a corte, tanto da costringere Averroè alle dimissioni da consigliere del califfo e da colpire a morte un musico, amico dei figli dello stesso califfo, proclamando che «un buon musulmano non canta». Per di più, guidati dallo sceicco Riad, essi ottengono che Averroè sia esiliato e che le sue opere vengano bruciate in un rogo sulla pubblica piazza. Per fortuna, gli allievi del filosofo, prevedendo questa mossa della fazione integralista, hanno provveduto a realizzarne delle copie e le trafugano in Egitto, per mano del figlio maggiore del sovrano. Alla fine, i fondamentalisti divengono talmente prepotenti da progettare un colpo di mano che rovesci addirittura il califfo Al Mansour, mettendone a parte il suo figlio maggiore. Il quale, però, leale al padre, denuncia il complotto e fa mandare lo sceicco capo dei congiurati a combattere in prima linea contro i nemici cristiani del regno d'Andalusia. In un impeto di ottimismo, Shahine cambia addirittura il finale della storia, risparmiando ad Averroè l'esilio che invece nella realtà lo vide morire a Marrakesh alla fine del XII secolo.

Film interessantissimo, dove al programmatico didascalismo rosselliniano si sostituisce l'invocazione a far convivere la fede (ove vi sia) con la ragione, la quale deve fungere da filtro per i precetti religiosi, realizzato da un regista cristiano di nascita, anche se scelse di non professare alcun culto. Fede e ragione, dunque, devono andare a braccetto (Averroè fu commentatore e divulgatore del pensiero di Aristotele presso i contemporanei, anche occidentali ed è per questo inserito anche nel celebre affresco di Raffaello "La scuola di Atene", nei Palazzi Apostolici del Vaticano), accompagnate dall'arte, che può, anch'essa, rappresentare uno scudo contro l'intolleranza, come dimostrano, nel film, le frequenti canzoni con ballo rappresentate dal musico Marwan: nelle parole e nelle coreografie c'è un appello ad apprezzare la bellezza, senza il paraocchi di una religione opprimente. Ovviamente, nonostante se ne siano sentite di tutte, queste sequenze musicali non hanno niente a che vedere con il concetto ed il genere di musical, per come lo intendiamo oggi nell'ambito del cinema.

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