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U-Turn. Inversione di marcia

Regia di Oliver Stone vedi scheda film

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La recensione su U-Turn. Inversione di marcia

di hallorann
6 stelle

Oliver Stone prima di affermarsi come regista a metà anni ottanta con i civilmente impegnati PLATOON e SALVADOR, aveva debuttato nel ’74 e nel ‘81 con due piccoli horror mediocri e anonimi SEIZURE e LA MANO. In quegli anni era soprattutto uno sceneggiatore di successo, premio Oscar con FUGA DI MEZZANOTTE e strapagato in SCARFACE. In seguito le sue opere non sono mai passate inosservate, dal cinico WALL STREET sul mondo della finanza alle personali ricognizioni sul Vietnam NATO IL 4 LUGLIO e TRA CIELO E TERRA, passando per i politicamente scorretti J.F.K. e GLI INTRIGHI DEL POTERE-NIXON fino ai provocatori ed estremi THE DOORS e N.B.K.-ASSASSINI NATI. Ultimamente sembra aver perso la voglia di graffiare e appare fuori forma in quasi tutti i progetti vagliati, il pomposo kolossal ALEXANDER, il fiacco WORLD TRADE CENTER e persino il sonnolento documentario su Fidel Castro COMANDANTE. Una decina di anni fa si prese una vacanza con U-TURN, un noir grottesco, allucinato e allucinogeno, assolato e assurdo. Un tizio seduto su una Mustang sfreccia nel deserto dell’Arizona, è diretto a Las Vegas per pagare un grosso debito a un mafioso russo, ma la sua auto va in panne ed è costretto a fermarsi nella vicina cittadina di Superior in territorio Apache. Addentratosi nel luogo e venuto a contatto con alcuni abitanti, il giocatore d’azzardo si rende conto di essere l’unico essere razionale dell’insolito posto. Si innamora di una messicana tutta curve sposata con un losco individuo e sarà l’inizio di una serie di guai. Riuscirà il nostro eroe ad uscire da questo incubo?

 U-TURN è un film pieno zeppo di citazioni, da O.Welles ai fratelli Coen, da Russ Meyer a IL POSTINO SUONA SEMPRE DUE VOLTE, Stone si diverte a sperimentare uno stile fatto di inquadrature sghembe e irregolari, il montaggio è caleidoscopico, il ritmo sovraeccitato. A dire il vero ogni cosa è volutamente ridondante ed eccessiva, i personaggi sembrano usciti da un trip di mescalina e hascish, a partire dal meccanico svitato e ciancicato di B.B.Thornton, l’attaccabrighe Joaquin Phoenix, la pupa Claire Danes, la chica Jennifer Lopez con posteriore in bella evidenza, l’indiano cieco John Voight, il personaggio di Nick Nolte è ispirato come un 20 % della pellicola ai western barocchi di Sam Peckinpah. In tutta questa fiera del kitsch il protagonista Sean Penn, a volte sopra le righe (SHE’S SO LOVELY e HURLYBURLY), è bravissimo perché aderente alla normalità del suo personaggio, calibrato e impotente di fronte al marasma che gli piove addosso. Tra i contributi artistici il grande Ennio Morricone cita se stesso senza entusiasmare.

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