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Puppet Master: The Littlest Reich

Regia di Sonny Laguna, Tommy Wiklund vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Puppet Master: The Littlest Reich

di undying
3 stelle

Tredicesimo capitolo di una serie già fiacca trent'anni fa. La coproduzione di Fangoria impone una maggior dose di scene violente, inserite però in un contesto delirante e più prossimo alla commedia che all'horror. Nessun approfondimento di merito, inoltre, sul tema storico del nazismo, qui tirato in ballo con troppa disinvoltura.

 

locandina

Puppet Master: The Littlest Reich (2018): locandina

 

Dallas. Il disegnatore di fumetti Edgar (Thomas Lennon) dopo la separazione dalla moglie torna a vivere con i genitori. L'incontro con la vicina di casa Ashley (Jenny Pellicer) colma per Edgar il vuoto d'affetto (e soprattutto di sesso), mentre l'avere trovato un vecchio pupazzo del fratello lo spinge a partecipare ad una convention celebrativa su André Toulon. Il trentennale si tiene a Postville, esattamente nei locali in cui operava il criminale parigino, riparato in Germania durante la Seconda guerra mondiale e poi di nuovo in fuga dopo la sconfitta di Hitler. Qui, data la rarità delle opere, tutti gli artefatti del burattinaio potranno essere messi all'asta, fruttando ciascun pezzo una discreta cifra. Gli ospiti vengono accolti dall'ex poliziotta Carol Doreski (Barbara Crampton), a suo tempo coinvolta nel blitz che ha permesso di eliminare Toulon, le cui spoglie mortali riposano in un mausoleo situato in prossimità della convention. Dopo il tour di presentazione tenuto da Doreski, ciascuno prende alloggio nel vicino hotel. In breve tempo varii pupazzi spariscono dalle camere, apparentemente a causa di furti. In realtà Toulon, ancora in vita in forma automatizzata (?!?), tramite un sofisticato sistema radio comandato sta riportando in attività le sue creature. E si scatena contro gli odiati ospiti, per la maggior parte ebrei, omosessuali e zingari.

 

scena

Puppet Master: The Littlest Reich (2018): scena

 

Tredicesimo capitolo di una serie piuttosto fiacca anche se, dato il numero di sequel, deve essere evidentemente piaciuta. Nelle intenzioni di Charles Band (produttore titolare della Full Moon), dovrebbe costituire un rilancio. Difficile che sia riuscito, aggiungiamo noi, data la poca attenzione riposta nel progetto. Progetto che vede il ritorno di Udo Kier nei panni di Toulon (in una comparsata di pochi secondi, presente nel prologo ambientato nel 1989) e della mitica Barbara Crampton (Re-animator, From Beyond), attrice di nuovo sui sets in anni recenti, ma sempre in film uno peggiore dell'altro (Beyond the gatesDead night, Death house). Per l'occasione anche Fabio Frizzi torna a comporre una soundtrack, anche se poco più che anonima. E poiché il mondo è piccolo, ritroviamo uno svedese di cui si era scritto in occasione del ben più interessante esordio in regia, ovvero il Sonny Laguna di Blood runs cold, qui dietro la macchina da presa in tandem con Tommy Wiklund. Ne esce un film poco curato, con pupazzi mossi per lo più manualmente esattamente come accadeva nei primi titoli della serie, risalenti a fine Anni '80 e diretti da David Schmoeller.

 

scena

Puppet Master: The Littlest Reich (2018): scena

 

La maggior dose splatter è giustificata dalla co-produzione targata Fangoria, ma le scene per quanto brutali finiscono per degenerare -spesso involontariamente- in commedia. Giusto per le paradossali circostanze ne citiamo un paio a titolo di curiosità: la testa di un uomo, decapitato mentre urina, cade nel water finendo così sotto l'abbondante getto di piscio; una ragazza incinta viene penetrata da un pupazzo di Toulon, che poi esce dal ventre con il feto tra le braccia (roba alla Zombi 3, di Fulci e Mattei, tanto per dire). Il primo tempo, modicamente migliore, ha un suo ritmo e riesce a contenersi nei limiti del genere; il secondo, invece -colpa anche una brutta fotografia con scene notturne mal girate- appare trascurato, mal girato e interpretato. E anche sul piano degli effetti gore, mentre l'inconsistente storia procede, si nota un deciso peggioramento. Alla fine sembra di trovarsi di fronte ad un film girato quarant'anni fa, del quale proprio non se ne sentiva bisogno. Un mistero, però, sta dietro a questo sconclusionato lavoro che sembra opera di dilettanti più che professionisti: come ha fatto a fregiarsi di tre nominations e, soprattutto, a portarsi a casa due premi? Mi rispondo da solo: grazie al buon occhio (acritico) di riguardo delle giurie verso il nome che ne ha firmato la sceneggiatura, Craig Zahler. Perché chi ha scritto Bone Tomahawk e Brawl in cell block 99 non è concepibile possa scendere così in basso. Invece qui è proprio scivolato. Nel (pro)fondo del trash.

 

Udo Kier

Puppet Master: The Littlest Reich (2018): Udo Kier

 

"La maggior parte delle persone subiscono una evoluzione inversa rispetto a Pinocchio; nascono come uomini e finiscono come burattini." (Gerd De Ley)

 

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