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Tigers Are Not Afraid

Regia di Issa López vedi scheda film

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La recensione su Tigers Are Not Afraid

di port cros
7 stelle

L'autrice riesce con tocco delicato e commovente , debitore al "realismo magico" ed alla poetica del conterraneo Del Toro, ad utilizzare l'immaginario e gli stilemi dell'horror come metafora di un orrore purtroppo reale e tangibile in molte parti del Messico, e ad usare in maniera efficace il fantastico come strumento di denuncia sociale.

Il film della regista messicana Issa Lopez, presentato in anteprima al TOHorror, XVIII Festival Internazionale di Cinema e Cultura del Fantastico di Torino, è una favola nera sull'innocenza perduta, ma con sprazzi di luce portati dal coraggio e dalla speranza, sulla scia del conterraneo Guillermo Del Toro, che pare aver preso l'autrice sotto la sua ala protettiva. Tra le pellicole viste al TOHorror è quella che maggiormente è sembrata in grado di toccare le corde dell'emozione e della commozione. Protagonisti della trama un gruppo di bambini e ragazzini di strada, abbandonati nella solitudine e privati di figure adulte a cui far riferimento dalla devastazione portata dalla violenza indiscriminata delle gang di narcotrafficanti, che riescono a costruire una sorta di "famiglia" , una piccola comunità dove ci si prende cura una dell'altro e si tenta come si può di restare vivi, in una società falcidiata dalla violenza e dalla sopraffazione mafiosa.

 

scena

Tigers Are Not Afraid (2017): scena

 

 

Estrella, una ragazzina messicana alla disperata ricerca della madre scomparsa, incontra un ragazzo di strada locale di nome Shine. La sua banda di orfani vive sui tetti di palazzi diroccati e si nasconde dalle gang perché, una volta rapiti dal feroce cartello, non si ritorna indietro. Il sicario emergente Caco tenta di fregare il boss della zona, El Chino, che si sta persino lanciando nella carriera politica, ma si ritrova nei pasticci quando Shine gli ruba il cellulare, contenente prove compromettenti sui crimini del Chino. Nello stesso momento Estrella, che inizia a vedere visioni da incubo di sua madre, dimostra un coraggio inaspettato, mentre gli scagnozzi di El Chino prendono di mira i bambini, già in pericolo, nel tentativo di recuperare il cellulare.

 

scena

Tigers Are Not Afraid (2017): scena

 

 

L'autrice riesce con tocco delicato, debitore al "realismo magico", ad utilizzare l'immaginario e gli stilemi dell'horror come metafora di un orrore purtroppo reale e tangibile in molte parti del suo Paese, e ad usare in maniera efficace il fantastico come strumento di denuncia sociale. Fin dall'incipit, in cui il compito di una classe scolastica, scrivere un racconto fiabesco, viene interrotto dalle mitragliate dei regolamenti di conti tra criminali, per proseguire con le apparizioni fantastiche, a volte terrificanti, come un rivolo di sangue che si insinua ovunque a seguire i personaggi braccati dalla violenza, a volte benevole nonostante l'aspetto spaventoso, come i fantasmi senza pace delle vittime delle gang, il tema favolistico attraversa l'intera pellicola, che porta avanti la sua denuncia senza toni declamatori , ma attaraverso lo sguardo dei suoi bambini, costretti a confrontarsi con atrocità da cui ogni società funzionante dovrebbe proteggerli, e che solo attraverso la fantasia riescono in qualche modo a metabolizzare. Così un peluche, tenuto stretto come una "coperta di Linus" da un bimbo traumatizzato fino al mutismo, diventa il simbolo di quel coraggio, necessario, anche ai più piccoli, per spezzare le catene mafiose della paura e della violenza, perché "le tigri non hanno paura, hanno attarversato il male, ma sono arrivate sane e salve dall'altra parte."

 

 

scena

Tigers Are Not Afraid (2017): scena

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