Regia di John Carpenter vedi scheda film
Carpenter ci delizia ancora una volta con un film-capolavoro che diventa una pietra miliare nel cinema horror. A dirla tutta è un'horror leggero che tiene incollato lo spettatore allo schermo, complice l'evoluzione e la trasfigurazione di Arnie Cunningam, giovane studente succube di una famiglia perbenista, che vede in un'auto semi distrutta, ma dal fascino irresistibile quale è la Plymouth Fury, la propria rivincita con se stesso e con il mondo.
Il film si lascia guardare senza l'ombra di una minima critica ed a farla da padrona è sempre l'auto, che nelle scene di rigenerazione, una follia considerando l'epoca, lascia basito lo spettatore fino a lasciare impressa nella sua mente l'immagine della Plymouth infuocata e indemoniata che insegue il bullo Buddy Repperton.
Carpeter partorisce un film che assomiglia di più ad un'allucinazione, basato sull'omonimo romanzo di King e riproponendo l'immagine dell'auto luciferina come nel film La Macchina Nera. Un vero cult-movie che non stancherà mai di essere visto.
I pezzi anni 50-60 sfornati dalla radio di Christine sono veramente ben azzeccati e rispecchiano fin in fondo lo stato d'animo dell'auto.
Cambiare qualcosa ad un film di Carpenter? Non scherziamo!!
Interpreta l'investigatore rognoso e ficcanaso cercando di trovare una spiegazione logica alla serie di omicidi.
Interpreta Leigh che per gli altri teenagers sembra un personaggio inarrivabile per la sua classe e bellezza. Sarà lei la forza scatenante dell'ira di Christine in una sorta di compezione tutta al "femminile".
Interpreta Dennis, amico-consigliere di Arnie che ben presto realizzerà dell'influenza negativa della macchina, il che lo porterà ad una sorta di battaglia finale contro l'auto.
Interpreta Arnie Cunningam, educato e scarno ragazzo che, catturato dal fascino della Plymouth, se ne innamorerà fino a perdere la propria coscienza, morale e il contatto con la realtà.
Carpernter non si risparmia mai nello sfornare capolavori e quelli a ridosso della fine anni '70 e inizi anni '80 ne sono un'esempio lampante.
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