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Il gioco di Gerald

Regia di Mike Flanagan vedi scheda film

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La recensione su Il gioco di Gerald

di alan smithee
6 stelle

NETFLIX

Una coppia benestante e di bella presenza, decide di trascorrere un weekend nella villa di vacanza posta in una tranquilla ed amena zona lacustre, in quel periodo dell’anno completamente deserta di turisti e residenti. Lo scopo è quello di ravvivare sessualmente un rapporto scivolato nella routine, e dunque spento dal punto di vista dell’intesa amorosa, almeno dal punto di vista pratico.

La scelta del marito propende a trasformare il gioco erotico in un rapporto dalle caratteristiche sadomaso, spingendo i rispettivi ruoli dei due ad una contesa tra padrone e partner sottomessa.

Per questo convince la partner ad essere legata al letto, si imbottisce di pillole blu, e dà inizio ad un gioco di ruoli che tuttavia infastidisce pesantemente la donna: costei tenta di ribellarsi, colpisce istintivamente il marito Gerald quando costui passa alle maniere forti ritenendo che pure lei reciti una parte intonata alla sua, e vede il proprio partner accasciarsi a terra, immobile, oltre il limite del letto matrimoniale, bloccata dalle manette ai polsi presso la spalliera dello stesso giaciglio.

Urla ma nessuno può sentirla, si dispera, fino a che solo un’anima accorre al suo cospetto: quella di un cane randagio affamato, lo stesso che la donna aveva nutrito poco prima, attirando il disappunto del consorte.

E mentre il tempo passa, le forze cominciano a mancare, il cane si avventa sul corpo del marito martoriandolo, e due strane figure le appaiono davanti, con le medesime sembianze del marito e di lei stessa, quasi deridendola o mostrandosi sarcastici sulla situazione tragica ed imbarazzante che si pone dinanzi alla donna.

Prodotto da Netflix, Il gioco di Gerald è la trasposizione “cinematografica” – avremmo detto fino a poco tempo fa – del celebre fortunato romanzo anni ’90 di Stephen King: la vicenda è raccontata in modo piuttosto fedele rispetto al valido incalzante romanzo e i due attori coinvolti sono piuttosto convincenti: Bruce Greenwood, varcata la soglia dei sessanta, ostenta un fisico assai giovanile e muscoloso, ma è Carla Gugino, fisicamente splendida e di gran charme, ad essere il fulcro vincente e convincente del film. In un ruolo di contorno, quello del padre con tendenze pedofile nei flashback dedicati alla tragica infanzia della protagonista, ritroviamo l’Henry Thomas divenuto star bambino ai tempi di E.T.

Mike Flanaghan dirige guidato dall’esperienza in tema di horror, vantata ormai da anni, ma il film non riesce ad avere un proprio carattere o una propria indipendenza scenica rispetto all’originale opera letteraria di King, denunciando quasi una sua corretta ma sin troppo pedissequa origine “televisiva” che ne appiattisce almeno in parte le ipotizzate potenzialità erotico-sadomaso che dal libro potevamo sperare di scorgere senza remore né falsi pudori, una volta trasposte sullo schermo: il libro trasgrediva ed osava, laddove il film proprio per nulla, limitandosi a semplici pruderie quasi adolescenziali.

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