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Qualcuno dietro la porta

Regia di Nicolas Gessner vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Qualcuno dietro la porta

di cherubino
7 stelle

Dopo Psyco, figuriamoci se affidano ad Anthony Perkins un ruolo che esca dal clichè del pazzo o quasi. Qui è uno psichiatra. Però una novità c'è: Charles Bronson, senza memoria, si trova affidato alle sue cure e dunque in un ruolo di vittima, forse in quanto non aveva ancora interpretato "Il giustiziere della notte". Inverosimile ma interessante.

QUALCUNO DIETRO LA PORTA (1971)

 

L'influenza che può avere uno psichiatra (specie se malintenzionato) su un suo paziente è un tema indubbiamente interessante.

Sono pressochè certo di aver visto altri film su questo argomento, o letto libri, ma al momento non mi viene alla memoria alcun titolo, se non - però in chiave comica - quello di un film che ho visto e recensito poco tempo fa: "Terapia d'urto", con Jack Nicholson e Adam Sandler.

 

In questo caso (film francese del 1971 ambientato in Inghilterra) lo psichiatra, il dottor Laurence Jeffries, è il quarantenne Anthony Perkins che nella scheda è erroneamente indicato essere il paziente, definito "psicolabile": un termine che non solo si rivela adeguato anche per il medico ma addirittura ampiamente benevolo. D'altra parte è un Perkins post "Psycho" (il film che ha segnato tutto il suo prosieguo di carriera): l'essere stato (e più volte) Norman Bates e la naturalezza con cui gli riesce lo sguardo "da pazzo" fanno sì che appena lo vedi tu comprenda che il suo personaggio non è affatto rassicurante.

 

Lo "straniero" (sulle prime sembra tale) senza nome perchè colpito da amnesia totale, "scelto" al volo dal dottor Jeffries come suo paziente in cura - e in realtà vittima designata del suo piano criminoso - è interpretato da un attore, Charles Bronson, che oggi può apparire da subito inadatto a ricoprire quel ruolo. È però vero che all'epoca la sua immagine non era ancora indelebilmente caratterizzata dalla sua interpretazione più famosa ("Il giustiziere della notte", successivo di tre anni, che influenzò la sua carriera quanto "Psycho" per il coprotagonista).

in ogni caso, a me il cinquantenne Bronson è parso un po' a disagio, mentre Perkins nella parte affidatagli si muove con la disinvoltura propria di chi "gioca in casa".

 

Il "paziente" si arrovella nel cercare di ricordare, perchè le uniche immagini che a tratti gli sembra di rivedere sono quelle di una donna insanguinata nella spiaggia in cui lui è stato trovato senza sensi. Chi è costei? È stata uccisa? Da chi?

Egli è indotto (dallo psichiatra) a credere che si tratti di sua moglie (anche se non solo non ne ricorda il viso ma neppure se ne ha una) e che sia stata uccisa dal di lei amante, per questo meritevole del suo odio e della sua vendetta.

Il piano del dottor Jeffries è complesso e contorto e dovrebbe invece concludersi con l'assassinio di una persona che lui stesso vorrebbe fosse eliminata: il giornalista francese Paul Damien, che da tempo ha una relazione amorosa con sua moglie, la Signora Frances Jeffries.

E questo "servizio" dovrebbe farglielo il suo "paziente"!

Tutto questo, nello sviluppo della trama, emerge abbastanza presto. Del finale ovviamente non parlo.

 

Mi piace però osservare che l'intero film è pervaso da un sufficiente grado di tensione, se non suspense, senza picchi ma neppure cadute di tono, nonostante la mancanza di una colonna sonora che aiuti: per lunghi tratti non c'è proprio alcuna musica, ma ci si abitua e in definitiva ciò non sembra nuocere.

Quello che io non ho gradito (per cui ero tentato di assegnare mezza stella in meno) è che in parecchi punti, disseminati qua e là, trovo molta inverosimiglianza, troppa per i miei gusti; ma può darsi che altri non lo considerino un difetto significativo. Come pure, potrebbe essere che questo rientri nella cifra stilistica del regista (e sceneggiatore) Nicolas Gessner, del quale, fra le poche notizie trovate, ho letto di "atmosfere inusuali" (e altre frasi del genere che ora non ricordo): non lo conoscevo e non ha diretto molti film, in particolare negli anni '70 (solo due nell'intero decennio).

Più che in altri casi sarebbe interessante conoscere il romanzo (di Jacques Robert) da cui è tratto il film, che lascia l'impressione di aver reso meno di quel che potesse.

 

Dei due protagonisti ho detto (due attori cui sono affezionato; Perkins poi, nel mio ricordo è rimasto il ragazzo del 1956 di "L'uomo senza fucile"!).

I personaggi di Frances  Paul sono interpretati rispettivamente da Jill Ireland (moglie di Bronson, si è vista in parecchi film  al fianco del marito) e Henri Garcin, mai visto prima. Entrambi entrano in scena solo nel finale e non faticano a dimostrarsi adeguati ai loro ruoli.

 

Voto, dopo un poco di tentennamenti, tre stelle e mezza.

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