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Never Ending Man: Hayao Miyazaki

Regia di Kaku Arakawa vedi scheda film

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La recensione su Never Ending Man: Hayao Miyazaki

di Leman
8 stelle

locandina

Never Ending Man: Hayao Miyazaki (2016): locandina

 

La visione di questo documentario mi ha fatto capire due cose. La prima è che devo assolutamente recensire tutti i film di Miyazaki e prima o poi probabilmente lo farò. È uno dei registi che hanno cambiato la mia vita in meglio e probabilmente l’autore che più amo da un punto di vista puramente personale. Ma questa è solo una questione di pigrizia, quando me la sentirò dovrò cominciare. Saranno analisi molto lunghe, quindi ho bisogno di tempo per pensarci. La seconda cosa che ho capito è che lavorare in ufficio per due ore, per poi ritornare a casa e guardare film per il resto della giornata sta facendo bene alla mia depressione. È da 5 giorni che prendo appunti riguardo i film che vedo, i libri che leggo e le interminabili passeggiate pomeridiane. Di questo ne parlerò più approfonditamente in un post che sto preparando da qualche giorno e che dovrei finire questo lunedì.

Di cosa stavo parlando? Giusto, il documentario su Miyazaki. 

 

Mami Sunada, Hayao Miyazaki

Il regno dei sogni e della follia (2013): Mami Sunada, Hayao Miyazaki

Quando nel lontano (ma nemmeno così tanto lontano) 2013 Miyazaki annunciò a tutto il mondo il suo ritiro, nessuno di noi ci credette. Ormai eravamo abituati a vedere Miyazaki che dopo aver finito il suo “ultimo film” ritornava sui suoi passi e decideva di farne un altro. Questo documentario racconta un intero periodo della vita di Miyazaki, che va dal suo ennesimo ritiro alla decisione di creare un nuovo lungometraggio. Durante questo periodo la pensione di Miyazaki sarà interrotta dalla decisione di quest’ultimo di aiutare un gruppo di giovani animatori nella creazione di un cortometraggio sulla vita di un bruco, realizzato con la tecnica della computer grafica, che il grande regista giapponese non ha mai utilizzato in tutta la sua carriera. La produzione sarà intricata e complessa, ma finirà per ridare vitalità al vecchio disegnatore, che comincerà ad apprezzare una tecnica che fino a quel momento ha sempre rinnegato. 

Partiamo subito dicendo che è inutile criticare la forma del documentario, volutamente grezza e semplice, in quanto ciò che è realmente importante è l’uomo che sta davanti alla macchina da presa. Il Miyazaki che vediamo in questo documentario è un uomo molto stanco, che si vuole godere il suo meritato riposo e che è cosciente di non avere più nulla da dire. Eppure c’è qualcosa che lo blocca dal godersi la fine della sua carriera. Quell’istinto intrinseco nella natura del grande regista che gli impone di continuare a creare. Lo vediamo fin dai primi minuti, dove continua a disegnare su un tovagliolo come passatempo. Capiamo subito che invece questo altro non è che un modo per fermare quella voce che gli dice di continuare a lavorare nel mondo dell’animazione.

“Deliri della vecchiaia dovuti alla senilità” li definisce lui. 

Il documentario non è solo un simpatico retroscena nato per mostrarci la lavorazione di un corto, è proprio un viaggio compiuto dal maestro Miyazaki durante il quale lui capirà che l’uomo non può fare a meno di creare, in quanto è proprio questo che lo tiene vivo. Solo nel momento in cui sentirà di aver creato tutto quello che era destinato a creare l’uomo potrà accettare il suo destino e morire felice. 

 

Hayao Miyazaki

Never Ending Man: Hayao Miyazaki (2016): Hayao Miyazaki

Nel documentario assistiamo a una serie di sequenze collegate dove Miyazaki viene a sapere di suoi colleghi e amici morti per cause naturali. La morte viene quindi vista come una parte inevitabile e fondamentale della vita che va a cambiare profondamente anche tutti quelli che invece continuano ad attendere di morire. Ogni volta che una persona a lui cara muore il regista si chiede come mai lui non è ancora morto. La verità è che lui non è ancora pronto. La vita di un artista si basa per la maggior parte sulla necessità di esprimere se stessi attraverso la propria arte. Essendo che l’uomo ha infinite possibilità di creare arte probabilmente l’artista non penserà mai di essere riuscito a dire tutto quello che necessitava di dire. Ma va bene così, perché il nostro essere è fatto sia delle cose che abbiamo fatto nella nostra vita che da quelle che non siamo riusciti a fare. Mi ha fatto sorridere la spontaneità e l’ironia con cui Miyazaki vive questa parte della sua vita. Durante il documentario continua a definirsi anziano, eppure la sua passione è più viva di quella di un giovane di 30 anni. Lo vediamo dal modo in cui parla agli animatori di come fare al meglio il loro lavoro o da come cerca in ogni modo di illustrare le idee che ha in mente. Ogni suo gesto è un atto di puro amore verso un mondo, che è quello del disegno e dell’animazione. Un mondo che sentiamo vicino durante la visione di questo film, proprio perché Miyazaki riesce a trasportarci dentro di esso. 

 

Hayao Miyazaki

Never Ending Man: Hayao Miyazaki (2016): Hayao Miyazaki

Ogni amante del mondo dell’animazione è ben cosciente di una lotta che ormai ha caratterizzato gli ultimi 25 anni di cinema. Una lotta che esiste fin da quando la Pixar fece uscire il primo Toy Story, dando inizio a una moda che avrebbe decretato la vittoria commerciale dell’animazione digitale in CGI su quella disegnata a mano. La lotta tra queste due forme d’animazione ha sempre diviso il mondo dei cinefili in nostalgici dell’animazione tradizionale e in progressisti favorevoli a questa nuova tecnologia. Io mi sono sempre posizionato a metà tra questi due gruppi. Amo l’animazione in CGI in quanto la sento tangibile e sento che essa possa permettere agli animatori di toccare vette di qualità visiva molto alte. Allo stesso tempo però il mio più grande amore rimane la vecchia animazione tradizionale. Non scorderò mai l’emozione di quando guardai da piccolo il Pinocchio della Disney su una vecchia VHS e mio padre mi disse: “Pensa che tutto quello che vedi è stato disegnato  a mano da migliaia di persone”. Forse amo così tanto Monsters & Co. della Pixar proprio perché è uno dei pochi film d’animazione fatti al computer che riesce a restituirmi quel brivido dell’animazione tradizionale. Ciò che so è che sono favorevole ad entrambe, purché ci siano esseri umani che ci lavorano dietro. Ed è proprio questo un punto fondamentale del documentario. Vedendo tutte quelle menti e tutti quei giovani artisti che animano il suo nuovo cortometraggio Miyazaki comincerà ad amare l’animazione fatta al computer, in quanto nonostante non abbia la poesia dell’animazione tradizionale è comunque un modo attraverso cui l’uomo crea arte. 

Il maestro dell’animazione giapponese si indignerà solo quando un gruppo di tecnici informatici andrà da lui e gli mostrerà un’animazione creata interamente da una macchina, attraverso dati e connessioni. Il disgusto davanti a tale creazione sarà tale da far esclamare a Miyazaki che quello che aveva appena visto era un “affronto alla vita”. Se posso essere sincero, sono d’accordo con lui. Che senso ha dare ad una macchina la possibilità di creare ciò che l’uomo potrebbe rendere più reale? La macchina non ha una vera intelligenza, è solo un’insieme di dati. Ogni atto creativo compiuto dall’uomo invece è un atto di amore verso il mondo che lo circonda. La macchina non è in grado di creare arte. Al massimo l’uomo attraverso la macchina può creare arte, come è sempre stato. Ben venga il progresso e l’innovazione tecnologica, io sono più che contento di tutti questi passi avanti compiuti dalla tecnologia. Ma se questo significa eliminare l’arte dalla vita dell’uomo, allora questo non è progresso, è l’esatto opposto. 

Hayao Miyazaki

Si alza il vento (2013): Hayao Miyazaki

Questo documentario veramente bello su Hayao Miyazaki non mi ha solo appassionato per le sue curiosità sul mondo dell'animazione, mi ha anche fatto capire più di quello che credevo di sapere riguardo un uomo che ho sempre stimato. Ho capito che c’è la possibilità che l’ultimo film di Miyazaki non veda mai la luce, in quanto non sappiamo cosa ci riserva il futuro. In questo momento mi rendo conto di aver però bisogno di un ultimo film di Miyazaki, un’ultima opera diversa dalle altre che mi possa riconciliare con me stesso come hanno sempre fatto le opere di questo autore. Incrociamo le dita e speriamo Miyazaki riesca in quest’ultima grande impresa. E in caso non ci riuscisse, almeno conserveremo il ricordo di un uomo che è morto facendo quello che ha fatto per un’intera vita: creare arte.

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