Regia di Menna Ekram vedi scheda film
Due anime che non si trovano più. Un motivo valido per non lasciarsi.
Gira. A vuoto. La routine di una coppia è uno spettacolo che ha perso ogni emozione. La puoi guardare da vicino, così tanto da vedere i dettagli a fior di pelle, le volute di fumo, la cascata di riccioli bruni sulla fronte, una lama che si conficca nel legno, a pochi millimetri dal volto. I particolari, nella penombra, sono perfettamente a fuoco. Si stagliano netti, sullo sfondo di un tempo infinito, come gli istanti dell’intimità, nascosti, minuti, ma ingigantiti dai misteri che vivono sepolti dentro al cuore. Come la musica che non c’è, eppure ti invoglia a ballare. Un uomo e una donna scandiscono il ritmo del nulla: la noia è un ticchettio sordo che non ha esaurito la sua carica melodica, il suo suono morente riesce ancora a camuffarsi da carillon. Si capisce che è finita, ma rimane pur sempre qualcosa da raccontare. Si deve parlare del presente che sfugge, o del futuro che non si può rinunciare a chiamare per nome, come il prossimo numero segnato in cartellone. Lui e lei si appassionano nel non trovarsi, perché cercare invano è un modo per darsi un domani, un’aspettativa, una nuova sfida che incanta per il semplice fatto di riguardare loro, e nessun altro al mondo. Loro sono gli artisti che rischiano la vita in scena, che preparano dietro le quinte il brivido crescente dello show; il resto dell’umanità è la platea, una folla muta che resta senza fiato, che deve solo osservare e tacere. Questo cortometraggio egiziano riempie di frammenti esistenziali pulsanti lo spazio lasciato vuoto da un abbraccio svanito: l’incombente assenza dell’amore è un fremito creativo, in grado di arabescare in punta di dita il deserto dell’abbandono. Non c’è più motivo di sperare: e questo già basta per sentirsi travolgere e trascinare lontano.
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