Regia di Lucio Fulci vedi scheda film
Uno dei titoli più acclamati di Lucio Fulci racconta di una donna, Florinda Bolkan, che sogna, nelle sue frustrazioni sessuali, di amoreggiare con la bella ed ambigua vicina d’appartamento. Una notte sogna di ucciderla, per poi scoprire più tardi che qualcuno l’ha uccisa davvero, con la stessa modalità del suo sogno. Secondo lo psicoanalista si tratta di una rimozione coscente. Con il sogno la Bolkan ha distrutto definitivamente quella parte di sè che cercava trasgressione e abominio. Per la polizia invece le cose non tornano. Fino al finale, poco a sorpresa, rimaniamo con un unica certezza: l’incubo lo stiamo vivendo noi. Ma non per demerito del film, bensì proprio per la sua consapevolezza. Inquadrature distorte, distorsioni oniriche, montaggi rapidi, percebilbili solo dalla mente, intere sequenze claustrofobiche. Tutto porta il film verso un incubo ad occhi aperti, dove ci sono poche vittime, ma molti specchi infranti, molte piste false. Oltre agli incubi, va ricordata di sicuro la sequenza dell’inseguimento del “rosso irlandese”. Una lunga sequenza girata con un ottimo taglio di luce e con gran maestria di direzione scenica. Inutile dire che gli “effettacci” splatter sono godibilissimi, soprattutto quei cani col torace aperto e ancora vivi, appesi in ospedale. Il tutto serve a creare l’iconografia tematica di un luogo malsano. Un luogo psicologico, spirituale. Ma sempre un luogo malato, compromesso, corrotto con il lusso e la tensione inglobatrice borghese, che il Maestro attacca nuovamente in questa pellicola, che per molti (non chi scrive) è il suo capolavoro.
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