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Lucky

Regia di John Carroll Lynch vedi scheda film

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La recensione su Lucky

di cheftony
8 stelle

“Hey!”
“Yeah?”
“Can I tell you a secret?”
“Absolutely!”
“You won’t… Tell anyone? I’m scared.”
“I know. I know.”

 

Harry Dean Stanton

Lucky (2017): Harry Dean Stanton

 

Piccola cittadina torrida e desertica degli Stati Uniti: Lucky (Harry Dean Stanton) si alza dal letto, comincia a fumare una sigaretta e la lascia a metà, mentre si dedica ai cinque esercizi di yoga che pratica ad ogni risveglio da decenni. Il suo frigo è completamente vuoto, eccezion fatta per il latte che beve di gusto prima di concedersi un’altra sigaretta all’aperto e una passeggiata. L’inscalfibile routine di un uomo solo e burbero intorno ai 90 anni di età. La quotidianità di Lucky è fatta anche di cruciverba, quiz televisivi, spese al minimarket messicano e colazioni nel suo diner preferito, gestito da Joe (Barry Shabaka Henley).
La quieta senilità di Lucky si ritrova turbata a causa di un improvviso e lieve malore mattutino: Lucky cade a terra senza farsi niente, ma il suo dottore (Ed Begley Jr.) sembra quasi riuscire a persuaderlo di essere effettivamente vecchio, nonostante i suoi polmoni tengano inspiegabilmente botta alla grande. Ogni cedimento, ogni caduta potrebbero significare la fine. Una fine totale, il vuoto, la grande oscurità per un vecchio scorbutico e non credente come lui.
Lucky frequenta spesso anche un bar dalle luci molto soffuse, (poco) frequentato da una bizzarra e assidua clientela. Uno degli avventori, Howard (David Lynch), distintamente abbigliato e genuinamente amico di Lucky, si dispera con compostezza per aver perso la sua adorata testuggine President Roosevelt, fin lì compagna di una vita e sopravvissuta a ben due delle sue mogli…

 

“The truth of what is for all of us. Which is… That it’s all going to go away! You, you, you, you, me, this cigarette, everything! Into blackness, the void. And nobody’s in charge. And you’re left with… Un cazz’!”
“Un cazz’!”
“Nothing.”
“Nothing. That’s all there is.”
“And what do you do with that?”
“What do we do with that?”
“You smile.”

 

David Lynch, Harry Dean Stanton

Lucky (2017): David Lynch, Harry Dean Stanton

 

Arduo trovare un esordio più peculiare di questo “Lucky”, primo film da regista dell’attore classe 1963 John Carroll Lynch, caratterista di lungo corso che ricordiamo in tanti piccoli ruoli, da “Fargo” a “Shutter Island” passando per “Zodiac”.
L’occasione di debuttare alla regia gli viene presentata dall’amico sceneggiatore Drago Sumonja, scomparso pochi mesi fa – a soli 44 anni – a causa di un cancro pancreatico; questi, autore della sceneggiatura assieme a Logan Sparks, propone inizialmente a John Carroll Lynch di interpretare una parte minore, quella del barista Joe. Una volta sfumata la prospettiva di avere il regista che avevano in mente in prima battuta, Sparks e Sumonja offrono la regia a Lynch, che accetta di buon grado.
La sceneggiatura è indissolubilmente legata alla figura dell’iconico attore Harry Dean Stanton, a sua volta arcinoto caratterista che i due sceneggiatori conoscono personalmente e confidano di riuscire a coinvolgere, nonostante Stanton avesse i suoi begli 89 anni al momento di avviare la produzione del film. Dopo “Paris, Texas”, “Lucky” è il secondo (e ultimo, vista la sua morte occorsa prima che il film uscisse nelle sale) lungometraggio in cui Stanton ricopre un ruolo da protagonista. Sarebbe persino ingiusto dire che si tratti di un personaggio scritto appositamente per lui: i titoli di testa recitano espressamente Harry Dean Stanton is LUCKY, tanto per intenderci. Personaggio reale e fittizio condividono le origini del Kentucky, l’esperienza come cuoco a bordo di una nave della U.S. Navy durante la Seconda Guerra Mondiale, l’abilità con l’armonica a bocca e innumerevoli altri aneddoti e dettagli. “Lucky” non sarebbe esistito senza Harry Dean Stanton e senza la sua andatura dinoccolata, i suoi occhi stoicamente sofferenti, i suoi silenzi, il suo acido sarcasmo.

 

“It was a weird set of circumstances – for an actor to play a fictional role, based on himself.” [John Carroll Lynch]

 

John Carroll Lynch

Lucky (2017): John Carroll Lynch

 

“Lucky” è dunque un film tributo, per quanto di finzione; una piccola opera, essenziale, basata sull’efficacia della caratterizzazione dei personaggi e su un’atmosfera desertica placida e malinconica, nella quale la consapevolezza della mortalità e della caducità della vita e delle relazioni si impossessa dei protagonisti.
Se un Lynch da attore si fa regista, il più celebre omonimo fa qui il percorso inverso: il grande David Lynch, che ha diretto in svariate occasioni il suo amico Stanton, appare nei panni dell’amico Howard. Per quanto possa sembrare solo un cameo, una partecipazione amichevole e poco più, l’interpretazione di David Lynch ha un tocco poetico e stralunato che si palesa in diversi istanti e contribuisce – con la sua surreale sottotrama – a stratificare il microcosmo di Lucky. È un vero e proprio breve gioiellino, invece, la parte di Tom Skerritt, che appare in un’unica scena nei panni di un veterano dei Marine sopravvissuto agli orrori del Pacifico; il dialogo che instaura con Lucky è, per tempi dilatati e delicatezza, uno dei momenti migliori del film, superato pochissimi minuti dopo dall’incursione del protagonista alla festa di compleanno di Juan.
“Lucky” non è un piccolo capolavoro, con tutta probabilità: in diversi frangenti dà l’impressione di inserire nel calderone personaggi, dialoghi, monologhi e situazioni in maniera un po’ forzata e superflua nell’economia del (non) racconto: l’espressione scocciata di Lucky alla vista di due ragazzi omosessuali che si danno un bacio al diner è un esempio, così come i personaggi da bettola interpretati da James Darren e Beth Grant, vagamente stereotipati. Piccoli difetti, che però perdono centralità e si fanno perdonare facilmente, specie se ci si focalizza sull’intento principale di “Lucky”: un breve e sincero elogio filmico dell’essenza filosofica del late great Harry Dean Stanton.

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