Regia di Sebastián Lelio vedi scheda film
Anteprima in versione originale con sottotitoli
Il decesso per aneurisma dell’uomo amato (molto più grande) costringe la protagonista – una forte e fragile trans (tale ne è l’interprete) – ad affrontare la vedova (già ex moglie) e il figlio del defunto difendendo con orgoglio, grinta e pudore (non si vedono mai i genitali) la sua identità di genere (quasi sempre riflessa su vetri).
Discontinua (la storia procede tra bruschi stacchi e ripartenze), velata ma commovente – senza pietismi – rivendicazione di sé e del sentimento che l’univa alla persona scomparsa, da cui è stata allontanata: ripresisi pure il cane di famiglia, i parenti del caro estinto le impongono con malcelato disprezzo di non assistere né alla veglia funebre né alle esequie.
L’unico modo per reagire a questa emarginazione emotiva sarà accettare l’ineluttabilità della pur dolorosa perdita, nel ricordo di tutto il bene che quel rapporto ha comportato (quasi a consolarla, il suo professore di canto lirico cita San Francesco).
L’aria Ombra mai fu di G. F. Händel fa pensare a “Farinelli – Voce regina”. Come testamento di un amore diversamente ordinario, adesso immaginato in assenza post-mortem, la canzone Time degli Alan Parsons Project non si dimentica.
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